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7 canzoni ai tempi dell’Ikea

L’Ikea nelle canzoni è inevitabile. Parola breve che fa rima con “idea”. Posto in cui prima o poi passiamo tutti, e lo facciamo proprio nell’età in cui diventiamo indie. Tipico “non-luogo” (cfr. Marc Augé), e i non-luoghi piacciono tanto perché raccontano la decadenza e la precarietà e il declino e bla bla dell’epoca in cui viviamo. Insomma, un brand che abita a casa nostra, onnipresente nello spazio e nel tempo, dalla camera da letto al soggiorno, dalla colazione alla nanna. L’Ikea nelle canzoni è ineluttabile.

A 30 anni dall’arrivo della multinazionale svedese in Italia (il primo negozio ha aperto a Cinisello Balsamo nel 1989) possiamo contare un buon mucchietto di menzioni nelle canzoni. Ne metto qui 7, non per recensire, ma per comporre un piccolo puzzle di suggestioni, che attraverso pezzi di testi ci racconterà il nostro popolare sentimento-Ikea. Di cosa parliamo quando parliamo dell’Ikea? Di cosa cantiamo quando cantiamo dell’Ikea?

Chi ha canzoni extra da aggiungere, come sempre, è welcome. 

Lotus – Qualità (2003)

Pensarti mi logora
Un tuo orgasmo è libertà
Ma tutto il resto è plastica
E un cielo giapponese ti masticherà
E poi ti sputerà via
Come montare merda Ikea

È forse la prima volta in cui sentiamo la parola Ikea in una canzone. A sentirla in verità non siamo in tanti: l’album Nessuno è innocente dei Lotus (cioè Amerigo Verardi) resta una chicca per pochi eletti. Per me è una delle più belle ed eleganti collezioni di canzoni che siano state pubblicate negli anni zero. 

All’epoca, nel 2003, nemmeno ci ero mai entrato in un Ikea. Amerigo Verardi evidentemente sì, e probabilmente aveva esperito ciò che avrei provato anch’io qualche tempo dopo: la sensazione di nervoso nel montare e smontare e rimontare mobili Ikea di bassa… Qualità.

Il tassello che manca. Il pezzo in più che non si capisce dove vada messo (oddio mi sarò dimenticato di metterlo? Crollerà tutto?). Il foglio di istruzioni che non si capisce dove ho sbagliato, ma se lo rileggo bene, maledetti, effettivamente c’era scritto di fare così e non cosà.

Edda – Fango di Dio (2009)

Tu dove sei? Tu dove sei?
Mi sono perso mentre andavo all’Ikea

Edda si è perso, a un certo punto della vita, ma dopo lunghi anni è tornato. Così come rimasi affascinato dalla sua voce negli anni ‘90 coi Ritmo Tribale, così rimasi di nuovo affascinato alla sua sorprendente riapparizione. 

Questa canzone in realtà è scritta dal suo chitarrista Walter Somà. Ma tra le due righe citate possiamo perfettamente immaginarci l’Edda che si è perso improvvisamente, forse mentre andava all’Ikea, forse mentre andava “a comprare le sigarette” come quelli che spariscono. 

Ci perdiamo persino dentro l’Ikea, in fondo. Pensiamo di conoscere le scorciatoie per arrivare al magazzino o per tornare nella sala cucina dove abbiamo dimenticato di prendere delle misure. Ma non è mica casa nostra, e ci perdiamo. E poi dopo la cassa, coi carrelli pieni di scatole, rivediamo finalmente la luce nello sterminato parcheggio. Dove ho messo la macchina?

Le Luci della Centrale Elettrica – Una guerra fredda (2010)

Il ronzio del lavoro di tutti
dei nostri tribunali aperti tutte le notti
dei processi di tre anni sui letti dell’Ikea distrutti
esplosi come le stazioni

Vasco Brondi ha il letto dell’Ikea distrutto (e nemmeno il mio sta troppo bene). 

La canzone di Le Luci della Centrale Elettrica mi dà modo di rinnovare il vecchio giochino “le persone si dividono in due tipi…”.

Il mondo si divide in quelli che, nella sala dove sono esposti i letti, si sdraiano bellamente per provare la comodità del letto o del materasso, come fosse casa loro. E ci sono quelli che vorrebbero ma non lo fanno, per imbarazzo, come fosse casa di un altro, per timore di fare brutta figura davanti a quel gruppetto di famiglie che stanno facendo lo stesso giro. (E per tutto il pomeriggio te li ritroverai accanto, e vi pesterete i piedi coi carrelli enormi che guidate impacciati, stracolmi di cose inutili e carine).  

Lo Stato Sociale – Amore ai tempi dell’Ikea (2011)

Ecuba chi era per lui Enea
Euridicio getta uno sguardo ad Orfea
Ecuba chi era per lui
Amore ai tempi dell’Ikea

È una canzone che ha un titolo molto catchy, l’ho rubato per questo articolo per avere un titolo molto catchy anch’io. Beh, almeno è servita a qualcosa. AAA cercasi fan degli Stato Sociale che mi possa far apprezzare anche tutto il resto che segue dal titolo in poi.

Ma ammettiamolo, gli Stato Sociale hanno fatto anche cose buone. Per esempio la simpatica trovata “Euridicio getta uno sguardo ad Orfea” fa ridere. Il liceo classico serve sempre. 

La canzone, per raccontare una storiella di trombamicizia, parla di scatole di cartone. Se vogliamo di nuovo dividere le persone in due tipi, ci sono quelli che le scatole le buttano via, e quelli che – previdenti! – le conservano perché potrebbero sempre servire per un trasloco. Io invece sono affascinato da quelli che le scatole le comprano (intendo i contenitori di plastica, trasparenti e colorati). Per metterci dentro qualcosa, qualunque cosa, chissà cosa!

Brunori Sas – Lui, lei, Firenze (2011)

Penso che sia una follia andare all’Ikea
C’è sempre una gran confusione anche di sabato sera
Poi lo sai mi fa tristezza vedere la gente
Che sogna di comprare tutto e si accontenta di niente

Caro Brunori, ci dedichi una strofa intera, ma non sono d’accordo. Io non trovo tutta questa tristezza nel vedere la gente che sogna di comprare tutto e si accontenta di niente.

Osservo semplicemente una umana frustrazione che è anche la mia. È la frustrazione di quando entri in un meraviglioso paese dei balocchi e non puoi toccare nulla. Come mi accade all’Ikea, allo stesso modo vado in un negozio di strumenti e vedo chitarre fantastiche che non potrò mai comprare. Oppure entro in libreria e vorrei possedere tutti i libri ma esco solo con un paio di regali. Oppure guardo le offerte del black friday e… in realtà non mi importa nulla del black friday, ma a quanto pare c’è tanta gente attratta dall’idea di comprare degli sconti. 

Non sono nessuno, mi accontento di niente.

L’Officina della Camomilla – La provincia non è bella da fotografare (2013)

La provincia non è mica tanto bella da fotografare
ripieghiamo sull’Ikea e facciamo canzoni
sui mobili dell’Ikea!

L’Officina della Camomilla è uno di quei gruppi che hanno dato una bottarella al capovolgimento di significato della parola “indie”, non più esclusiva ed elitaria, ma ormai destinata a diventare moda. 

Nel 2013 la sotto-moda dell’Ikea nei testi indie è consolidata. Questa canzone ne prende atto: facciamo le foto, facciamo le canzoni sull’Ikea.

Autoironia o leggera presa per il culo dei casi precedenti? Secondo me non è dolcetto ma scherzetto.

Perturbazione – Diversi dal resto (2013)

Litigare all’Ikea ci ha chiarito le idee,
noi non siamo diversi dal resto.
Dalle scarse risorse,
dalla mediocrità,
dal bisogno di baci e di soste

L’ultima canzone della serie racconta uno scenario più maturo, che sottintende una convivenza, una routine nel rapporto di coppia. 

Le prime tre parole “Litigare all’Ikea” arrivano dritto al punto: chi non ha mai litigato all’Ikea? La mia attenzione si accende subito. Tanto che mi sono sempre chiesto perché non l’abbiano direttamente intitolata “Litigare all’Ikea”. Chissà, forse perché sarebbe sembrato troppo cheap, mentre Diversi dal resto suggerisce un significato più ampio.

In effetti nella mia testa questa canzone si chiama “Litigare all’Ikea”. Perché è davvero un momentaccio, non vuoi attirare l’attenzione della folla, ti sembra che per costruire una casa devi distruggere un rapporto, pensi di aver ragione ma non vincerai mai. (C’è anche gente che si lascia per molto meno.)

Non sono più i tempi dell’Ikea (nelle canzoni, almeno)

I tempi dell’Ikea (nelle canzoni) corrispondono quindi al decennio 2003-2013. Non ho presente altri casi che siano apparsi in seguito. Ormai sembra tutto già detto? Esiste il rischio oh-no-un’altra-canzone-sull’Ikea?

Forse ora sì, e sommando le citazioni di queste canzoni c’è già un esauriente manuale dell’esperienza Ikea che tutti possiamo provare. Perdersi. Litigare in mezzo alla gente. Sognare di comprare tutto, ma uscire con una o due scatole e basta. Montare a casa robaccia industriale e a buon mercato, che poi tanto il letto si sfonda dopo un anno. E infine, scrivere tutto nelle canzoni e registrarle negli album. 

A questo punto del ciclo arrivo io: compro l’album, e dopo averlo ascoltato lo ripongo tra gli altri, sui miei piccoli scaffali Gnedby. Comprati all’Ikea.

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Un altro articolo tematico come questo: il Po nelle canzoni è una schifezza.

Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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5 commenti

  1. Arriverà il nostalgico che dirà che si stava meglio quando si parlava di surgelati rincarati?

  2. E mi pare che era lo stesso periodo in cui a Zelig c’era un comico salernitano che interpretava il commesso dell’IKEA: era lo spirito del tempo?

    1. Non lo ricordo ma effettivamente c’è stato una specie di spirito del tempo. Ah! Mi piacerebbe riscrivere per utilizzare la parola ZEITGEIST!

      1. Con l’ignoranza che c’è in giro penserebbero che è una parola nazista.

        1. “Zeitgeist macht frei”

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