MERDA*: questa è la parola più esatta per descrivere la situazione che si è creata nei primi mesi del 2020 per quanto riguarda la musica dal vivo, questa è la parola più usata dagli organizzatori, tecnici, promoter e musicisti per maledire in cuor loro la chiusura dei concerti, questa è la parola più declamata da me mentre guardo i miei biglietti precomprati in prevendita andare in fumo in attesa di incerte riprogrammazioni. Questa è davvero l’unica parola possibile da cui partire per riprendere finalmente il filo del discorso. (Cosa ti aspettavi, “RESILIENZA”?)
Come avevo previsto già a marzo, i concerti sono tornati in estate. La mia previsione tuttavia è stata parziale perché le condizioni in cui si stanno svolgendo i primi concerti è molto particolare, piena di nuove regole, di quelle regole che confermano l’eccezione. Ma sono contento di ricominciare, e vivere questa cosa un po’ alla giornata, come fosse un gioco, una sorpresa, un privilegio riservato a pochi (che è anche la verità).
Come mio primo concerto post-lockdown sono andato a vedere i Lastanzadigreta, che hanno suonato al Parco Salvemini di Rivoli. Una serata della rassegna Rivolimusica/Scene, iniziata in autunno e sospesa a febbraio, che finalmente può ora recuperare qualche data persa per strada grazie ai concerti estivi “Scene Recovery”.
Le canzoni dei Lastanzadigreta sono fatte per conquistare l’ascolto di un adulto come di un bambino, almeno questo mi sembra: in un colpo solo vincere l’intellettiva selezione all’ingresso che ha irruvidito il gusto di un adulto lungo gli anni, e allo stesso tempo far breccia nel varco che apre al mondo di quotidianità e fantasia che un bambino vive con pura dolcezza. “Musica bambina”, così la chiamano loro (bastavano queste 2 parole invece di dilungarmi in paroloni).
Il tutto orchestrato con strumenti tradizionali, marimba e oggetti domestici, fino al suono del Barattolo di Gianni Meccia, arrangiato nel 1960 da Ennio Morricone, e da loro oggi reinterpretato per celebrarne la scomparsa di qualche giorno fa. Durante il concerto vero e proprio, i componenti del Balletto Teatro Torino hanno messo in atto performance di danza sotto il palco. Non ci siamo fatti mancare nulla, cara.
Ma oltre al ritrovato piacere nell’assistere alla musica dal vivo e a questa serata, volevo arrivare a questo concetto: andare a un concerto post-Covid ha i suoi vantaggi, di cui mi sto rendendo conto anche aggiornandomi sulle prime programmazioni che stanno uscendo dalle mie parti.
- Si sta seduti. Io amo i concerti con le sedie e li difenderò sempre.
- Gli artisti sono migliori della media. Queste settimane sono il periodo privilegiato per i cantautori di culto, i reduci degli anni 90, gli indipendenti senza per forza essere indie, i frontman con la chitarra acustica, quelli che sanno suonare bene uno strumento, i malinconici, i giusti, i pessimisti cosmici. Quelli che non fanno mai sold-out, beh, oggi fanno sold-out (seppur per ragioni ovvie). Invece i fenomeni pop da palazzetti e le grasse produzioni da stadio hanno vita dura: questo è un paradosso che durerà almeno qualche mese.
- I luoghi sono una bella scoperta. Può capitare che le location siano collinari, periferiche, montane, lontane dai centri fissi da cui passano i tour. Parchi aperti non immediatamente raggiungibili, oasi paesaggistiche che per la prima volta ospitano un concerto, luoghi che per loro natura non attraggono assembramenti. C’è una selezione naturale di partenza che scoraggia lo spettatore pigro e poco motivato, zavorra che almeno per questo periodo ci risparmiamo.
- Gli orari sono reali. Non succede che ti dicono come orario 21:30 e poi in realtà iniziano alle 23:59 come succedeva sempre per motivi a me ancora oscuri, e poi tornavo a casa sfatto alle ore dei semafori lampeggianti.
- Fai una cosa per la musica. La musica esiste perché ci sono tante persone che lavorano nella musica, che è l’unico lavoro che per le istituzioni non è un lavoro, per i tuoi amici di Facebook non è un lavoro, per tua madre e tuo padre non è un lavoro. (Ma nella realtà è un lavoro.)
- Fai una cosa per te stesso. I concerti sono indispensabili per la qualità della tua vita, perché la vita non è altro che un eterno mal di testa, e il concerto è l’Oki che te lo fa passare per una serata. Le persone durante un concerto stanno bene, non scrollano il telefono o lo fanno poco, non comprano scarpe online, non producono nulla, non pronunciano la parola “resilienza”, non vengono quasi mai raggiunte da messaggi pubblicitari: praticamente un affronto al mondo contemporaneo.
Ovviamente il post-Covid presenta alcuni svantaggi (rallentamenti all’entrata, limitazioni nella somministrazione bevande, movimenti contingentati…) ma sono molto inferiori ai vantaggi e sono cose per cui lagnarsi sarebbe completamente senza senso.
Quindi grazie Rivolimusica per questo concerto che mi ha permesso dopo lunghi mesi un ritorno a una serata di musica dal vivo. Invito tutti ad andare ai concerti ma non a fare foto col cellulare perché il risultato sarà brutto come quello che avete visto in alto. Vi saluto con la punta del gomito come si usa adesso, e con la canzone dei Lastanzadigreta che anticipa il nuovo album che si chiamerà Macchine inutili: titolo e tema già promettono bene.
* L’ispirazione di questa intro è ovviamente Victor Hugo e il suo capitolo de I Miserabili (1862) interamente dedicato alla parola “MERDA”.
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Insomma andare a un concerto per vedere cosa succede e non per un rituale risaputo. Bravi questi qua, 4-4-2 a un certo punto sembra finire e invece riparte diversa. Per il linguaggio e le frasi fatte che ne parliamo a fare, ma per usare una espressione trita è una guerra persa.
Secondo me avevamo già parlato dei Lastanzadigreta ma non ricordo in che occasione. Ho anche cercato sul tuo sito ma non ho trovato
Non li avevo mai sentiti. E con quel nome li avrei notati. Il nome non mi piace molto ma c’è molto di peggio: Gatto Ciliegia Contro il Grande Freddo per esempio.