A un certo punto hanno aperto le gabbie. Era aprile – lo dice la parola stessa. Hanno tolto l’obbligo di vedere i concerti seduti e distanziati, si poteva di nuovo vedere i concerti così come li conoscevamo. Non ho esitato un attimo, sono uscito e ho visto 3 concerti in 5 giorni: Ministri, Zen Circus, Gomma. Dovevo sfogarmi. Per di più band, artisti, cantanti, e chiunque si esibisse su un palco, mi sembravano in una sorta di tempesta ormonale, estasi dell’oro, che li faceva suonare molto meglio rispetto a come ricordavo. Anche loro dovevano sfogarsi. Ho iniziato a soffrire seriamente di FOMO (Fear Of Missing Out): scrollando foto di concerti in cui non c’ero, provavo una pesante invidia per i presenti, anche se si trattava di eventi che non mi interessavano oppure erano molto distanti. Provo FOMO ancora oggi, alla mia veneranda, molto più di un tempo. Sono sicuro che la FOMO serpeggia anche dietro le quinte: chi suona per un pubblico in piedi ha ancora pochi mesi a disposizione; bisogna fare più date possibile in questa breve finestra prima delle prossime ondate e folate. Stanno volando, i migliori mesi dei peggiori anni della bella vita.
Una serata speciale, per me, è stata a maggio, quando ho visto gli Algiers. Pensavo: era da tre anni che non vedevo un concerto di una band dagli Stati Uniti, e questo non vuol dir nulla, ma dice tutto. (Gli ultimi miei “americani” forse erano stati i Low a Todays 2019.) 11 maggio, un mercoledì, il Circolo della Musica a Rivoli era pieno e tirava aria di evento internazionale. Tra il pubblico molti parlavano inglese o lingue di cui non visualizzavo la bandiera. In quei giorni a Torino c’era l’Eurovision (ah, sono andato anche a una serata dell’Eurovision, magari ne parliamo un’altra volta) e andare invece a vedere un concerto che non c’entrava niente sembrava una cosa quasi ribelle. Ho rivisto amiche e amici che non vedevo da anni – l’ultima volta era stata forse proprio quella là dei Low a Todays. Ho conosciuto un appassionato degli Algiers che è venuto apposta col treno da Arezzo. Gli Algiers invece vengono da Atlanta; una band di sobria potenza e lucida rabbia. Il loro terzo album “There Is No Year” (scritto tra virgolette, citazione di un romanzo di Blake Butler) è uscito per Matador nei primi giorni del 2020, poco prima dell’apocalisse. L’album stesso inizia con l’orologio dell’apocalisse: “Now it’s two minutes to midnight, and they’re building houses of cards; it will spiral out until the day we all fall”. L’ho ascoltato molto nella prima settimana di uscita e poi basta, come si fa oggi, ma tanto è bastato perché entrasse nel club privé dei dischi che riascolterei interamente anche se non sono usciti da minimo vent’anni oppure da massimo una settimana. Franklin James Fischer è una voce importante, impaziente, addestrata da forze del gospel, soul, Motown, che canta di libertà, rivoluzione, potere, contro discriminazioni razziali e differenze sociali. Insieme a Ryan Mahan (basso, synth), Lee Tesche (chitarra), Matt Tong (batteria ex Bloc Party) suonano ciò che molti considerano “post-punk” ma non mi sembra così esatto, anzi, per certe sonorità elettroniche mi sembrano vicini ai Depeche Mode post-industriali così tanto per usare la parola post- come il parmigiano sui funghi. Il loro live mi ha lasciato a bocca aperta. Il mio amico di Arezzo ha comprato una bella maglietta con la ∀ rovesciata di ∀lgiers, come si vede sul disco, adesso la ∀ di ∀rezzo per me è fatta così. O anche ∀tlanta, se vogliamo. Con gli amici siamo andati a scambiare due parole con Franklin, dopo il concerto. Abbiamo sperato – anzi eravamo sicuri – che anche per merito nostro rimanesse agli Algiers un buon ricordo dell’Italia, luogo dalla proverbiale accoglienza, dove si mangia bene e tutti sono simpatici. Il giorno dopo a Milano gli hanno rubato tutti gli strumenti.
Non so che dire di giugno, il mese che dura due mesi (giuglio). È finita la primavera, l’ormone da live, l’Eurovision. Tre mesi di vita normale e siamo già sfiniti. Chi ha potuto è andato al Primavera Sound per uno sfogo definitivo che gli placherà per un bel po’ di tempo il fabbisogno di primavera e di sound. Io sono stato a Torino a guardare l’erba dei giardini ingiallire sotto il sole di piombo. L’orgasmo della bella stagione è quasi dimenticato, i migliori mesi sono durati pochi giorni. Stanno per iniziare le vacanze, quelle degli altri. Acqua gas petrolio contagio guerra caldo propaganda. “Gli Algiers sono la risposta musicale a questi tempi bui” recitano i comunicati stampa, e per me è stato veramente così, almeno per un breve luminoso periodo. Auguro a tutti di vederli dal vivo, oppure di provare quello che ho provato io, oppure entrambe le cose. Sono i tempi in cui le cose non le consiglio, le auguro!
Gli Algiers tornano in concerto nel 2022 in Italia qui:
- 7 luglio a Soliera, Modena – Arti Vive Festival
- 8 luglio a Chiusi Scalo, Siena – Lars Rock Fest
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Questo pezzo con quel vocione mi sembra una versione accelerata dei Future Island.