tash sultana flow state
Pop Rock

Letteralmente “in loop” con Tash Sultana

Ho perso il treno della loop station. Sembra un gioco di parole ma è così. Negli anni zero percepivo intorno a me la diffusione di nuovi apparecchi che all’epoca mi sembravano al limite della robotica, dei libri di cibernetica, delle insalate di matematica: le cosiddette loop station. Questi marchingegni, che assumevano la forma soprattutto di effetti a pedale, permettevano di registrare una frase strumentale e ripeterla all’infinito. Usando questa frase come base ritmica potevi aggiungere una seconda frase strumentale e ripeterla all’infinito. E poi usando queste due frasi come basi ritmiche potevi aggiungere una terza frase strumentale e ripeterla all’infinito. E poi e poi usando queste tre frasi come concetto base di un paragrafo potevi scrivere una quarta frase e ripeterla all’infinito. Capito come funziona?

In mano a chitarristi virtuosi, anzi ai piedi, la loop station poteva produrre risultati raffinati e sorprendenti. Strati su strati di arrangiamenti andavano ad aggiungersi uno dopo l’altro, dilatando le pupille degli occhi incantati degli spettatori, che ammiravano un unico musicista erigere da solo un incredibile castello sonoro. Qualcuno in mezzo alla sala sussurrava, col sorrisetto, “a quello lì, cosa gli serve avere una band?”. La loop station rendeva inutile suonare con una band, riunirsi in sala prove, riunirsi in generale. Usando nient’altro che il tuo strumento, in maniera percussiva, poi ritmica, poi melodica, poi creativa, potevi eseguire intere canzoni dal vivo riccamente e baroccamente arrangiate secondo il tuo gusto, completamente in solitudine, seducendo chi ti ascoltava con uno spettacolo al limite della prestidigitazione. 

Ma io ho perso il treno della loop station, dicevo, perché ho sempre preferito suonare in una band. Mai da solo. Sono sempre stato freddo nei confronti delle innovazioni tecnologiche applicate alla musica (come se la mia chitarra elettrica non fosse un’innovazione tecnologica, ma vabbè). Non ho mai usato quella cosa lì, non so come si fa neppure a livello elementare. Eppure, accidenti, se penso a quali meravigliosi castelli d’aria avrei costruito se avessi avuto un pedalino looper nei miei pomeriggi di solitudine in cameretta con la chitarra…

Tash Sultana, grazie ai suoi pomeriggi di solitudine in cameretta con la chitarra e la loop station, tira su una carriera sfolgorante. Lo fa negli anni dieci, quando qualunque ascoltatore medio è già abituato alla prestidigitazione dei loop sovrapposti, tecnica ormai padroneggiata da un po’ tutti gli esordienti solisti. Per spiccare devi avere qualcosa in più. Qualcosa in più, nel caso dell’artista di Melbourne, è di essere una specie di enfant prodige che a vent’anni sa suonare innumerevoli strumenti, scrive molte canzoni, fa continuamente busking per le vie della città, canta come una ninfa psichedelica. Un giorno carica un video su YouTube, che supera i cento milioni di views (lo dico come dato, non saprei dire se sono tanti, tantissimi oppure tanti ma non tantissimi) e inizia così la sua vita da musicista. È il sogno di ogni cameretta. 

Di lì a poco fa il suo esordio con l’ep della canzone di YouTube (Jungle) e poi registra il suo vero e proprio primo album, Flow state (2018), ovvero stato di flusso, trance agonistica, momentum. Uno stato di grazia nuovo, dopo mesi di terapia per riacquistare la serenità mentale in seguito ai danni subiti per un bad trip (raccontato in Big smoke e in altri pezzi). Una nuvola di reggae bianco e rock classico, grosse pennate in levare e fitte piogge di assoli, canto leggero che attraversa i cinque strati dell’atmosfera. Una raccolta di canzoni incise in una versione per forza di cose provvisoria, perché dal vivo si dilatano e si ridefiniscono con nuovi dettagli, come Mystik che come minimo raddoppia di durata. Un disco realizzato praticamente in solitudine su loop sovrapposti, così come gli innumerevoli concerti in ogni angolo d’Australia. “One-person-band”. È il sogno di ogni loop station.

Tash Sultana col tempo attenua il suo solipsismo: oggi le sue performance solitarie sono alternate a composizioni ed esecuzioni insieme a più musicisti. La sua etichetta e struttura discografica si chiama “Lonely Lands”, che è comunque un’ulteriore affermazione di solipsismo. Recentemente ha pubblicato l’album Terra firma (2021), e l’MTV Unplugged (2022) che, si sa, è il sogno di ogni chitarra. 

Per certi versi può essere un personaggio che fa la felicità dei club esclusivi dediti ad audiofilia, clinic, chitarre signature, tablature, jam session, pulizia sonora, effettistica digitale, testare l’impianto con The dark side of the moon. Per altri versi però, data la sua giovane età – è del 1995 – vivrà e prospererà in un’epoca in cui presumibilmente a nessuno importerà più nulla di distinguere tra generi, stili, tecniche, tecnologie, semmai resisterà soltanto la dicotomia nuovo / vecchio. Di sicuro riesce a trasformare suoni “freddi” in musica “calda”, che si apre la strada da sé, senza per forza esibire tutti questi aspetti di abilità tecnica, che arrivano come una clamorosa scoperta nel momento in cui ti appassioni e decidi di approfondire.

Sono letteralmente “in loop” con Tash Sultana. Alla fine ho preso il treno della loop station (ho detto preso, non perso, che se leggi veloce capisci quello che vuoi tu). Mi rilassa moltissimo. Mi fa provare nell’ascolto lo stato di flusso che muove la costruzione solitaria dei suoi castelli d’aria, la disposizione d’animo di creare un ordine personale confortevole, mentre strato dopo strato si fa largo il richiamo del caos creativo, l’impulso di modificare, stravolgere, improvvisare, svisare, frantumare l’eterna insoddisfazione causata dal replicare le cose sempre tutte uguali. 

Tash Sultana suona a Todays il 26 agosto. Qui il programma completo del festival della mia città, che rende verificata la frase ricorrente “Torino d’agosto è bellissima!”

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Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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5 commenti

  1. Chi è che si affaccia? Courtney Barnett?

    1. Intendi nel video in cameretta? Mi manda fuori di testa quella faccina che si affaccia da 2:22 in poi. Forse è anche grazie a questo dettaglio che le persone hanno guardato milioni di volte 😁

      1. La mia era un’ipotesi fantasiosa.

  2. Renato dice:

    Straordinaria lei, la seguo praticamente dall’inizio della carriera.

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