Anni 90 Pop Rock

Catartica

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Nei favolosi 90s, quando l’astro della nuova scena musicale di Torino fulgeva e fungeva da stella polare per le notti underground di mezza penisola, l’unico gruppo torinese che davvero mi piaceva era però di Cuneo.

Vent’anni fa usciva Catartica e iniziavo questo ascolto seriale dei Marlene Kuntz che perdura ancora oggi. Non proprio vent’anni fa, a dire il vero: nell’anno in cui Baggio sbagliava il rigore entravo più o meno nell’adolescenza, e che ne sapevo io dei Sonic Youth, figuriamoci di Sonica e tutto il resto! I MK esistevano solo per gli amici più grandi, li ho conosciuti di conseguenza, con un leggero perdonabile ritardo. Il mio 1994 è arrivato un paio d’anni più tardi, circa.

Comunque quel disco non poteva non travolgermi, prendermi a schiaffi, lasciarmi tramortito e inebetito di fronte al carisma di un gruppo attorno a cui si stava alimentando un’”aura” non solo di ascolti ma di parole.

E allora “i discorsi sui Marlene”. Non mi riferisco ai critichini cui già dal primo pezzo del primo disco i MK sembravano allergici. Mi riferisco ai vent’anni (ok, quasi!) passati con gli amici a parlare di loro, che è un po’ parlare di noi.

Chi li ha visti a Entracque o paeselli della Granda nei primi concerti, chi li ha visti cento volte, chi non li ha visti mai, chi non ci va più. Chi li ha poi visti quella volta in tv che c’era Sanremo. (Chi “ma i pezzi vecchi li hanno fatti?”)

Chi al concerto aspetta il momento con la bacchetta tra le corde, chi vuole una figa blu. Chi analizza attentamente effetti e pedali.

Chi “bella Lieve, ma la versione dei CSI…”

Chi lo vedi sempre con la maglietta storica col logo MARLENE e sotto KUNTZ. Chi pronuncia kàntz.

Chi ricorda le interviste in cui Godano diceva che scrive le canzoni con vocabolario e dizionario dei sinonimi e contrari. Chi l’ha conosciuto e gli sta un po’ sul cazzo…

Chi andava al Salone della Musica. Chi riceveva la rivista del Maciste. Chi voleva solo pogare.

Chi piange con Nuotando nell’aria… chi spera nel medley con la fine di Sonica.

Chi ammette solo Catartica e Il Vile perché dopo si sono venduti, chi con Sanremo si è proprio rotto, chi già con Skin. Ognuno comunque traccia la sua personale linea del Piave che divide da una parte i buoni e dall’altra i cattivi, sottointeso: dischi.

Ognuno la sua declinazione, la sua sfumatura, il suo modo. Ognuno la sua dottrina, che ripropone ogniqualvolta esce un loro disco nuovo e si fanno i paragoni con quelli vecchi.

2014, sono cambiate molte cose, “è cambiata la musica”, sono cambiati sia loro che noi, non si può essere ventenni per vent’anni. Catartica però non è una fotografia di ieri che rimane nell’album dei ricordi, questo disco è un tatuaggio, è un legame, è un sacramento. Anche parlarne risulta catartico… appunto, per la serie “i discorsi sui Marlene”, ecco l’ennesimo capitolo.

Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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