glory days in rimini
Pop Rock Superospiti

Essere fan di Springsteen oggi

Quando conobbi Davide Armaroli nell’universo WordPress, ho sempre saputo che prima o poi l’avrei invitato come Superospite sul MySpiace. Davide aka Swaggarology è stato ai Glory Days in Rimini, il più grande raduno italiano dedicato a Bruce Springsteen, e in questo articolo invece ci spiega le fisse, gli ascolti, i concerti, le code, le dinamiche, tutto ciò che caratterizza la vita di un fan del Boss. Ottimo da leggere per lo “springsteeniano” che sicuramente si rispecchierà, e interessante soprattutto per quegli altri che non sanno nemmeno che oggi 23/9/2019 è il 70° compleanno di Springsteen. Auguri a Lui, buona lettura a voi.


Come l’anno scorso siamo noi tre. Con Marco l’incontro è alle undici a Famagosta, io sono arrivato ieri sera da Torino, Alessandra invece è arrivata questa mattina.

Le ore di auto che ci separano da Rimini sono non più di tre e mezza e le passeremo with the radio on. Una volta arrivati, incontriamo Paolo (qui con sua moglie e suo figlio), dopo cena tutti gli altri: non scrivo i loro nomi perché sono tanti e dovrei scegliere se riportarli in ordine temporale, di amicizia o di importanza all’interno di quel microcosmo springsteeniano che anno dopo anno è cresciuto sempre più.

Sono migliaia le persone che arrivano da tutta Italia – e non solo – per questo evento. Da ventun anni i Glory Days in Rimini sono il motivo per cui ci ritroviamo tutti qui, a metà settembre, in concomitanza con il compleanno della nostra rockstar preferita.

Non è possibile spiegare questo universo in un post, ma voglio provare a darne una vaga idea, in 6 punti.

1. Blinded by the light

Non è solo il titolo dell’edizione di quest’anno dei Glory Days (ospiti illustri, tra gli altri Michael McDermott e il Vini Lopez primo batterista di Bruce), di una canzone di Springsteen, di un libro di Gianluca Morozzi (che sarà a Rimini per parlarne con i fans), ma anche di un film che sta andando forte al botteghino. Il regista di “Blinded by the light” è quello di “Sognando Beckham” e la storia – vera – è quella di un ragazzino paki di Luton, quando le sue orecchie incontrano la musica di Bruce la sua vita incontra una svolta. La vicenda di questo ragazzino, che poi diventa adulto e assiste a centocinquanta concerti del suo idolo, è comune a molti dei partecipanti: è fatta di pazzie per guadagnarsi un biglietto per il concerto, la prima fila allo show, un autografo (sul braccio, da farsi tatuare).

La mia impressione, quella di un fan che l’ha visto un numero di volte insensato per un ascoltatore medio, ma davvero basso per molti springsteeniani qui presenti, è che l’universo dei fan di Springsteen sia fatto di “pazzi, molto pazzi”, come ha detto Lui dal palco di San Siro.

2. I dischi (e i bootleg)

Lo springsteeniano non usa Spotify e non ascolta i dischi “normali”, perché li ha già ascoltati tutti, li ha consumati in CD, vinile e musicassetta e questo vale sia per gli album di studio, che per i live ufficiali. Il vero springsteeniano, dopo aver ascoltato in loop qualsiasi prodotto ufficiale, ascolta i bootleg: registrazioni non autorizzate dei concerti, fatte dai fan per i fan, che Springsteen non si è neanche mai sognato di vietare e se, anzi, una volta diceva “bootleggers roll your tapes” prima di suonare un pezzo particolarmente atteso, negli ultimi anni ha iniziato lui stesso a vendere i bootleg ufficiali, fiutando la malatt… l’affare economico dietro al fenomeno, come già i Pearl Jam prima di lui.

Esistono bootleg storici che tra i fans sono più conosciuti dei dischi ufficiali, ma anche più bootleg per uno stesso concerto; alcuni si sentono meglio, altri peggio; alcuni iniziano a metà show, ad altri mancano solo alcuni pezzi; alcuni sono registrati dalla radio, perché il concerto veniva trasmesso da qualche parte del mondo, altri sono stati registrati sul posto con un registratore portatile.

Ci sono collezionisti che spendono centinaia, migliaia di euro per averli in ogni formato, edizione, copertina. Il tutto raddoppia se parliamo di bootleg video.

3. I concerti

La regola del “visto uno visti tutti” con Bruce non esiste. Con lui sono tre, quattro ore, sempre diverse, di scalette pazze e imprevedibili. In concerto, Bruce “dà l’anima” e chiunque esca da lì passa le ore successive semplicemente a riprendersi da quello che ha appena visto.

Anche per questo, se sei un fan sommario vedi una data, se sei un fan di serie C, vedi tutte le date italiane del tour e magari una all’estero (nei paesi limitrofi o facilmente raggiungibili: Spagna, Francia, Svizzera). Se sei un fan di serie B è facile che, in periodo di tour, nei weekend tu sia in tour con Lui.

Ma se sei un fan di serie A, non ti accontenti dell’Europa, vai a vedere Springsteen almeno nel New Jersey e, già che sei là, ti pare male vederlo solo una volta. Capisci di far parte di una o l’altra categoria perché dopo un po’ inizi a parlare di Alessandro-quello-conosciuto-a-Parigi-2012, Marco-quello-di-San-Siro-2008 e Federico-conosciuto-in-coda-a-Stoccolma-2003.

4. I biglietti per i concerti

Adesso c’è internet ed è tutto più facile.

È vero, tutti si connettono per comprare il biglietto per sé e per gli amici, centinaia di migliaia di persone stanno facendo la stessa cosa da qualche parte nel mondo, la linea cade continuamente, il sito si impalla, tu vieni messo in coda e ti viene assegnato un numero, quando è il tuo turno devi rifare tutto da capo, perché ricade la linea. Tutto questo è snervante e il primo che riesce a comprarli, se qualcuno ci riesce, scrive nel gruppo di Whatsapp “PRESI” e tutti gli altri si bloccano.

Si hanno al massimo cinque minuti di tempo, si punta ai biglietti per il prato, prima che l’intero stadio sia sold-out. Se non ce l’hai fatta li puoi acquistare sui siti di bagarinaggio a prezzi esorbitanti.

Ma, dicevo, così è comunque, facile.

In fondo, basta iscriversi ad un certo sito per avere accesso alla prevendita dei biglietti, avere la giusta carta di credito con cui pagarli per avere diritto alla prevendita della prevendita. Basta anche avere un bel po’ di soldi per poter comprare più biglietti possibili (ma bisogna sempre fare attenzione al numero massimo di biglietti acquistabili per singola transazione), connettersi cinque minuti prima dell’uscita insieme agli amici, ognuno dal proprio pc, e iniziare a fare refresh, refresh, refresh, finché non compare la scritta “acquista biglietto”. Chi ha la fibra ottica è avvantaggiato.

Una volta era diverso.

Una volta, chessò, per il tour nei teatri negli anni Novanta, per avere un biglietto dovevi fare la coda davanti al negozio che li vendeva. Magari uscivano il giovedì mattina e la coda c’era già il martedì, fatta di persone munite di sacchi a pelo, numeri sulle mani che stabilivano l’ordine di arrivo e, oltre al numero, dovevi dimostrare di essere stato lì, personalmente in coda per tutto il tempo, rispondendo “presente” agli appelli; chi saltava gli appelli veniva depennato dalla lista, la lista la faceva il primo arrivato, a penna, su un foglio.

Tutto ciò non aveva senso, lo so.

5. Le file per i concerti

E siccome questo metodo per l’acquisto dei biglietti non aveva senso agli occhi del fruitore sano della musica dal vivo, questo è esattamente ciò che succede tuttora per l’ingresso negli stadi ai concerti.

Lista, numeri scritti sulle mani già da giorni prima dei concerti, per essere tra i fortunati (di solito tra le duemila e le tremila persone) con il diritto ad entrare nel PIT (la zona di prato recintata davanti al palco).

Fino alla fine degli anni duemila era facile entrare nel pit: bastava arrivare al piazzale davanti allo stadio e mettersi in coda entro le sei di mattina del giorno del concerto, così eri quasi sicuro di essere tra i primi due-tremila, avere diritto al braccialetto che permette di entrare nell’area desiderata. Se non volevi stare in prima fila, potevi tornare in hotel e passare il pomeriggio a dormire, in attesa dello show.

Ma negli ultimi anni la cosa è degenerata: liste chiuse la sera prima, persone in coda sette giorni prima del concerto (true story: Camp Nou di Barcellona), fans che, in caso di due date consecutive, saltano deliberatamente la prima, per passare la serata in coda e avere una buona posizione la seconda.

Pazzi, molto pazzi.

6. I Glory Days.

I Glory Days in Rimini sono quel posto in cui, ormai da ventun anni, i vari Alessandro, Marco e Federico si rivedono dopo mesi e anni dall’ultima volta. Quattro giorni di fila, un concerto dopo l’altro, sole, mare, birre, piadine, migliaia di persone che comprano migliaia di biglietti il cui ricavato va in beneficenza.

I Glory Days sono quel posto in cui i vari Alessandro, Marco e Federico si abbracciano, chiacchierano delle scalette di questo e di quel concerto ricordando Stoccolma 92, Parigi 2013, i tour, le notti al freddo per la transenna: appunto, i glory days.

Il video qui sopra è il blob delle stories di Swaggarology a Glory Days in Rimini 2019 – #maratonaglorydays

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Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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