cristiano godano libro
Anni 90 Libri Pop corn Pop Rock

Ho letto il libro di Cristiano Godano

Ciao, questo è il mio blah-blah blog. Ogni tanto faccio il critichino. Amo i Marlene Kuntz dei primi album. In realtà mi piacciono anche quelli dopo: questa è forse l’unica differenza con lo stereotipo che Cristiano Godano sembra avere in mente su quel tipo di persone come me.

Quei primi tre album dei Marlene Kuntz sono una questione delicata. Godano rifiuta con forza la diceria che corrispondano ai cosiddetti “veri Marlene”. Però proprio su quegli album ha scritto un libro: si chiama Nuotando nell’aria. Dietro 35 canzoni dei Marlene Kuntz, è pubblicato da La Nave di Teseo, e racconta tutto ciò che sta dietro alle canzoni di Catartica, Il vile, Ho ucciso paranoia. Se avesse occasione – dice – farebbe la stessa cosa con tutti i dischi successivi. Ho comprato la mia copia in un pomeriggio durante il Todays Festival, in cui lui era invitato per la rassegna “Perfect Todays” di Scuola Holden a raccontare gli inizi del suo percorso. 

Ho assistito al suo intervento; una delle prime volte che lo sento parlare, tra l’altro, visto che ai concerti dice poco o nulla. Naturale in questa occasione “inedita” farmi qualche idea – forse acqua, forse fuochino – sul personaggio. È un tipo a suo modo unico. Forbito. Colto, a volte professorale. È dotato di una presenza affascinante. Riconosco in lui una solida “cuneesità” che fa parte anche delle mie origini. È probabilmente un antipatico, per le persone cui non concede attenzione. È più razionale che istintivo, c’è una sorta di rigore e ordine mentale che guida i ragionamenti che fa a voce. Impossibile dire se nel suo carattere prevalga la sicurezza di sé che si palesa in pubblico, oppure l’intima insicurezza esasperata nelle canzoni oggetto del libro. Altre impressioni sono espresse in maniera più maldestra nelle stories della #maratonamyspiace al Todays Festival. 

Anche se ho un blah-blah blog e ogni tanto faccio il critichino, penso comunque di essere il lettore ideale del suo libro, visto che racconta album e canzoni che conosco quasi a memoria e che hanno segnato la mia giovinezza. Qui dirò la mia su tre temi del libro che mi sembrano essere abbastanza importanti, e secondo me buoni per essere mischiati con il vissuto di chiunque (come me) abbia nella sua vita amato canzoni dei Marlene Kuntz. 

Il tempo

Tempo è un treno che passa e non è un dramma dire che è vero ma si sa che ci manca la faccia (quella giusta!) per prenderlo al volo.

27 anni è l’età che Cristiano Godano immaginava come “limite” oltre il quale riteneva impossibile diventare un musicista professionista, o almeno levarsi certe soddisfazioni. Sentiva che la vita, con le sue incombenze e responsabilità, attendeva al varco lui e i suoi compagni di band per ricondurli a vite anonime e normali. 

Ognuno quantifica come vuole la propria urgenza, ma 27 anni mi sembra una quota molto severa. Esistono tanti artisti che sono decollati oltre i 30 (il suo stesso mentore, Giovanni Lindo Ferretti, è il più classico degli esempi). Comunque, in extremis, il treno è passato: si chiamava Gianni Maroccolo, che ha prodotto il primo album Catartica.

Penso due cose del discorso “sentirsi troppo vecchi per” (che io stesso ho fatto in vita mia per tante cose). Da una parte è un condizionamento sterile, non serve a nulla se non a mettersi in testa errati preconcetti su se stessi. D’altra parte, però, penso che una sana ansia del tempo sia ciò che può “salvare” un artista. Salvarlo dalla pigrizia, dall’indecisione, dall’insicurezza, e da tanti demoni che rischiano di minare il suo impegno per un obiettivo preciso. Obiettivo che non è la musica in sé o l’arte o la “musa”, ma riuscire concretamente a farne la propria realizzazione. Più in generale, alcuni spettri esistenziali come la paura della morte, della solitudine, del disfacimento fisico, sono un tormento per l’uomo, ma un toccasana per l’artista. Come si dice? “Carpe diem!” Ci riesce non il più abile e opportunista, ma il più insoddisfatto e (in)sofferente.

Il giudizio degli altri

Piègati a novanta, io monto la tendenza
Fammi entrare nell’intellighentija

La discografia dei Marlene Kuntz inizia con un flame contro i critici musicali che li snobbavano o non si accorgevano di loro: la canzone è M.K.. Negli anni, questo guanto di sfida è stato reindirizzato verso una parte di pubblico, quella più intransigente, che li accusava di non essere più – da un certo punto in poi – “i veri Marlene”. Questo spartiacque, secondo Godano, è La canzone che scrivo per te cantata con Skin degli Skunk Anansie. 

È vero, ci sono molti intransigenti che esternano una posizione molto ortodossa, più realista del re, più marlenista dei Marlene. Si fa un po’ con tutti i musicisti, ma per loro di più, chissà come mai. “I veri Marlene” è una categoria che non fa parte dei miei pensieri, ma “i Marlene di una volta”, quello sì. È semplicemente una innocente nostalgia che si confonde con il pensiero di “il me di una volta”: più impulsivo, più spavaldo, più radicale in tante cose, e la loro musica si abbinava bene al mio universo interiore. Poi inevitabilmente tutti cambiamo, cambiano anche loro e sarebbe stucchevole sentire un gruppo che per trent’anni suona la stessa identica roba. Anch’io sarei un po’ buffo ad avere gli stessi schemi mentali di una volta. Meno male che col tempo si cambia un po’.

Da un punto di vista logico ha ragione Godano, naturalmente. Ma penso che questa guerra fredda con gli intransigenti abbia anche un perverso effetto positivo, cioè alimentare un sanguigno rapporto di amore-odio e continua tensione con il pubblico. Mi sbaglierò, ma ogni volta che suonano Ape regina sento nell’aria l’elettricità di una sfida aperta (e vabbè, facilmente vinta…): guardateci qui, e diteci se non siamo i Veri Marlene, ancora oggi. 

Mettiamola così: io mi sento parte del pubblico “fidanzato” dei Marlene Kuntz, una storia che tra noi va benone, ormai nozze d’argento. Ma sento che Godano godrebbe come non mai in una feroce scopata con il suo pubblico “ex”, magari nei tour di riproposizione dei primi album. In questa immagine bislacca, il paradosso è: ciò non mi farebbe minimamente soffrire, anzi, godrei della scena, e sarei il terzo di tre in questa “mischia gaia di vipere”

Esporsi sull’internet

Nutri l’odio migliore con felicità
Dagli ambascia e rancore e ti ripagherà

È inevitabile che nel libro si tocchi anche l’argomento dell’internet, che comunque mi interessava. Quando sul loro profilo Facebook i Marlene Kuntz hanno iniziato a prendere posizione su alcuni temi di attualità, politica e ambiente, ho pensato: pazzesco. Sono quasi gli unici in Italia a farlo. Pochi musicisti di origini “indipendenti” osano esporsi, soprattutto se giovani, soprattutto se sopra una certa soglia di visibilità. Nessuno ha il dovere di farlo, è ovvio, ma mi sembra anche chiaro che nessuno abbia interesse a farlo. Vorrebbe dire attirare subito le invettive di ronde di odiatori che la Rete ha dotato di un potere decisivo. Ne vale la pena?

Mi sbaglierò, ma quando sulla loro pagina tentano un qualsiasi ragionamento sull’attualità, immagino anche la consapevolezza di giocarsi una qualche fetta di popolarità, proprio nel momento in cui il clic su “pubblica” getta in pasto al web qualche riga che ha la colpa di voler semplicemente rendere il mondo un po’ più sano. 

“Pensa a suonare, che ti viene meglio!” Questo è il commento classico che prolifera sotto la presa di posizione di un cantante. Non è una novità, ma trovare cose del genere anche sulla pagina dei Marlene Kuntz mi ha sempre sorpreso. Che strano constatare che tra chi li segue (almeno su Facebook, non so se anche nelle canzoni o addirittura ai concerti) ci sia qualche rancoroso dei più semplici e retrogradi. Avevo forse un’idea troppo alta, elitaria e idealizzata di un noi-pubblico-dei-MK. Probabilmente le dinamiche non sono invece troppo diverse da una qualunque community virtuale. C’è sempre da imparare. 

Ok, ma com’è un libro di Cristiano Godano?

Mi sono goduto tutti gli spiegoni delle canzoni dei primi tre album dei Marlene Kuntz, compresi aneddoti, rivelazioni, conferme, smentite, digressioni autobiografiche, amori & odî con donne, produttori e soprattutto bassisti. In questo periodo in cui ogni musicista ha un libro sullo scaffale, quello di Cristiano Godano è sicuramente tra quelli che aggiungono molta “ciccia” per gli appassionati. Chi ha vissuto il rock alternativo italiano degli anni 90 ritroverà in queste 350 pagine il proprio mondo, raccontato da uno di quelli che l’hanno costruito, non solo con l’ispirazione artistica ma anche con una buona dose di cocciuta necessaria determinazione. Non sarà molto arty e catchy sottolineare la determinazione, ma senza di quella si rimane in cameretta, questo è garantito.

Infine, ovvio: Cristiano Godano, come quando canta (o parla), anche quando scrive usa quelle parole lì “alla Marlene”, ricercate, barocche, sdrucciole, talvolta arcaiche, che però possono definire un’idea spaccando in quattro il capello. Non ho letto la sua raccolta di racconti I vivi, ma immagino anche lì certe sfumature e “pretese poetiche” di uno che ama scrivere, leggere e leggersi (ma chi non ama leggersi?). Uno stile che ad alcuni potrà apparire un po’ lezioso, magari addirittura irritante. Ma fa parte della sua unicità, che riconosceresti fra mille, e ti farà sempre ricordare di lui, ti piaccia o non ti piaccia, o ti sia piaciuto per quei tre album e ora non ti piaccia più.

Segui MySpiace su Instagram.

Altri miei lamenti da sbronzo sui Marlene Kuntz.

Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

Potrebbe piacerti...

3 commenti

  1. Bel post, pieno di tanti spunti interessanti!
    Sull’oltranzismo dei fan, ricordo che per anni si diceva che i veri Marlene erano quelli dei primi due album, quindi puoi immaginare quanto fosse radicale una certa frangia che comunque apprezzava il terzo ma non lo sentiva come “vero”. Boh.
    Posso capire che “Che cosa vedi” abbia in realtà fatto davvero da spartiacque. In ogni caso è stato un disco altalenante, con grandissimi pezzi e qualche passaggio a vuoto di troppo. Adoro invece incondizionatamente “Senza peso”, lo metto tranquillamente a livello dei loro dischi migliori. “Bianco sporco” mi è piaciuto ma anche qui non è un disco che fila via tutto benissimo.
    Poi, arrivati ad “Uno” li ho abbandonati. Oh, sono stato uno che li ha adorati per anni, amavo il loro lato noise e il contrasto con i pezzi, mi sembrava che Godano riuscisse a esprimere bene quello che anche io pensavo, che mi facesse da portavoce, li ho difesi al cospetto dei fan della prima ora (di cui anche io faccio parte ma il mondo non finisce nel 1996 o nel 1999). Però sarà che io sono cambiato e loro anche e via, amici come prima ma davvero gli ultimi dischi non mi dicono nulla.
    Però il libro sembra gustoso e ho molto voglia di leggerlo.
    P.s. Ma davvero non hai mai sentito Godano parlare? Ricordo che dopo i concerti, in tutta tranquillità, usciva assieme agli altri per chiacchierar coi fan e rispondere, con enorme pazienza e gentilezza alle domande che gli venivano fatte, sempre le stesse (nella maggior parte dei casi). Ovviamente lui era il Marlene che parlava di più, un po’ per indole, un po’ perché il più accerchiato.
    P.p.s: L’avevi visto il film documentario “Complimenti per la festa” uscito qualche anno fa?

    1. Anch’io adoro Senza peso! L’ho veramente consumato. Tra gli ultimi uno che mi è particolarmente piaciuto è Ricoveri virtuali e sexy solitudini. Il documentario mi manca… grazie per il commento sono contento di trovare qualcuno che ha avuto le mie stesse fisse 😊

      1. Il documentario merita una visione, ne avevo brevemente parlato qui tempo fa: https://felsonblog.wordpress.com/2016/11/11/hey-critichino/

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.