ombrelli
Società & costume

Torino Jazz Festival, primo maggio, ombrelli

Mentre voi tutti avete iniziato a suonare la chitarra con il riff di Smoke On The Water, il mio primo riff è stato invece Peter Gunn Theme dei Blues Brothers, quelle ipnotiche quattro note ripetute sulla corda bassa che fanno da tappeto ai fiati e ad una scena memorabile del film che tutti avete visto tranne me.

Proprio Peter Gunn Theme stavano suonando in piazza Castello, durante l’ultima giornata del Torino Jazz Festival. Era un’insolita band formata da Greg (di Lillo e Greg), i musicisti del Ruggito del Coniglio ed altri ai fiati. Non era propriamente jazz, l’intenzione era più sul modello Blues Brothers appunto, con Greg perfettamente in stile Dan Aykroyd. In quanto al jazz, per quello che ne capisco io, potrebbero propinarmi qualunque cosa o qualunque nome che finisca con quartet.

Dunque passavo di lì e ho deciso di fermarmi ed affrontare il concerto a muso duro sotto la pioggia battente, senza ombrello. Odio gli ombrelli, mi fa una profonda tristezza quando si rompono e la tela si strappa dalle barrette. I pochi che ho avuto li ho dimenticati nelle auto di chissà chi. Per non parlare di quanti ne ho trovati nella mia. Già da bambino non volevo mai prendere l’ombrello e ai rimproveri di mia madre rispondevo che se Dio ha fatto la pioggia evidentemente voleva che ce la prendessimo.

Dunque ero da qualche parte tra il pubblico a prendermi la pioggia che Dio la manda, quando mi sono accorto che uno accanto a me aveva messo l’ombrello anche sopra la mia testa. Dopo un po’ di incertezza ho ipotizzato che l’avesse fatto per semplice senso di umanità, così l’ho ringraziato per aver riparato anche me. Abbiamo scambiato due parole, ci siamo cambiati a tenere l’ombrello, ci siamo presentati, lui Antonio io Paolo.

Mi piace la mia città quando si inventa qualcosa di nuovo come questo Jazz Festival, che poi arriva sempre la pioggia a piangerci addosso e rovinare un po’ tutto ma alla fine come per magia la gente è sempre in giro, e accadono episodi come questo dell’ombrello che ti ricordano che, anche quando sei da solo, non sei solo. O almeno non sei il solo!

Mi piace la mia città anche in questo primo maggio in cui è stato duramente contestato il sindaco (chiaramente eletto solo per non eleggere l’altra parte) che per esempio investe in un’inutile ferrovia ad alta velocità e lascia senza stipendio gli operatori sociali. Sono arrivate le cariche della polizia, come al solito, ad ostacolare le proteste. Mi piacciono le contraddizioni di Torino, che se storicamente ha conquistato politicamente tutto il resto d’Italia, sembra essere paradossalmente l’unica città che non è stata ancora davvero conquistata.

Dunque finito il concerto e salutato Antonio sono tornato a piedi a casa. Mi piace la mia città anche perchè si può andare da piazza Vittorio a piazza Statuto al riparo sotto i portici, e io odio gli ombrelli.

Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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