Brutto il termine coverizzare, ma come direste sennò? È proprio ciò che sta facendo Ryan Adams in questo momento, ovvero pubblicare reinterpretazioni “integrali” degli album che gli piacciono. Il cantautore di Jacksonville, North Carolina, è noto per essere un compositore insaziabile, ma anche un interprete insaziabile delle cover più disparate, tanto da arrivare a registrare interi cover album scelti tra i suoi ascolti insaziabili.
Ha pubblicato il primo “track by track” molto tempo fa, e recentemente ben 3 nell’arco di pochi giorni. Ora ne parleremo alla veloce; restate comunque fino alla fine perché il gioco è indovinare quale sarà il prossimo disco celebre che coverizzerà, ok?
1989 di Taylor Swift
Nel 2015 Ryan Adams suscitava una discreta curiosità pubblicando il cover album integrale di 1989 di Taylor Swift (uscito l’anno prima, 2014). All’epoca si stava separando dalla sua ex moglie, la cantante Mandy Moore; nel frattempo ascoltava molto l’album di Taylor Swift, tanto da aver voglia di registrare la sua versione.
Secondo me, tra tutti quelli che seguiranno, è il cover album che gli è venuto meglio. Si sente che si è genuinamente appassionato alle canzoni, le vive nell’epoca in cui sono vive, e proprio nei mesi in cui si stanno diffondendo vuole catturarle a modo suo. Poco importa se il punto di vista femminile bisogna farlo diventare maschile (es. «you’re the king, baby, I’m your queen» si ribalta in «I’m your king, baby, you’re my queen» in Blank space). C’è anche da dire che l’album di Taylor Swift era davvero figo, e meritava che arrivasse qualcuno come Ryan Adams a trovare una scusa per introdurre la giovane cantante anche nelle bocciofile dell’indie rock.
(Ora nelle bocciofile dell’indie rock speriamo sempre che Taylor Swift torni per un mezzo pomeriggio, l’ultima volta è passata per un torneo, era in squadra insieme a quello dei National, li abbiamo lasciati vincere perché siamo tutti un po’ innamorati di Taylor. L’unico che non ha capito nulla è quello dei National che ancora oggi se la tira perché pensa di essere il più bravo a bocce).
…non divaghiamo; immagino che artisticamente Taylor e Ryan possano trovarsi d’accordo su qualche radice country in comune, ma 1989 è l’album con cui la Miss Americana si allontana dall’americana inteso come genere musicale, per diventare la popstar mondiale che conosciamo oggi. Nulla di più lontano dal mondo di Ryan Adams, che comunque ne esce in maniera brillante anche quando stravolge completamente qualche pezzo. È l’unico tra i suoi cover album che è ascoltabile anche su cd e vinile, per ora. Altri tempi, altri mondi.
Nebraska di Bruce Springsteen
Passa il tempo e diventa sempre più difficile stare dietro a Ryan Adams perché scoppiano dei casini. Il primo scoppia nel 2019, quando viene accusato di molestie sessuali e minacce da parte da diverse ex, e i suoi album in programma vengono rimandati al 2020 e al 2021. Nel frattempo scoppia un nuovo casino, cioè la pandemia, quella cosa che “abbiamo molto più tempo per noi stessi”, ma se dai un’ora in più a Ryan Adams quello scrive cento canzoni, e nel 2022 pubblica quattro album di inediti in sei mesi. E non è finita qui, perché a dicembre 2022 se ne esce con il cover album di Nebraska di Bruce Springsteen.
Per quanto ciascuno possa amare o odiare Bruce Springsteen (io lo amo, ma se non fossi andato ai suoi concerti forse lo odierei) tra i classici del Boss è Nebraska quello che mette d’accordo un po’ tutti, dai più affezionati ai più critici. Non so perché sia così, forse perché l’aveva registrato in solitaria buttando nella spazzatura le versioni con la E Street Band: presentandosi nudo al di fuori da mode e bandane, l’album ha resistito benone alla prova del tempo.
Perché dico tutto questo? Perché secondo me il nostro Ryan ha voluto vincere facile, reinterpretando anch’egli in solitaria l’album più nelle sue corde di uno degli artisti più nelle sue corde (aveva già in passato reinterpretato Streets of Philadelphia). Dal suo punto di vista è una scelta comoda, dal punto di vista dell’ascoltatore forse non è la sfida più appassionante, diciamo così. In certi punti si può legittimamente faticare a capire se a cantare è Ryan o Bruce.
Ha tirato un rigore a porta vuota, ha fatto gol, e niente, c’è solo da aggiornare il tabellino dei marcatori.
Blood on the tracks di Bob Dylan
Ha senso suonare un pezzo di Bob Dylan senza essere Bob Dylan? Ha senso reinterpretare addirittura un album intero, uno dei più celebrati? Secondo me no. Ma comunque sì, Ryan Adams ha rifatto per intero Blood on the tracks (1975), track by track in tutti i sensi, l’ha pubblicato nel giorno di Natale del 2022, ha ammesso candidamente che “forse è un sacrilegio” ma aveva voglia di farlo.
Non voglio dire che Bob Dylan sia intoccabile, per carità, ci sono in giro quantità di performer e divulgatori devoti che portano in giro le canzoni di Bob Dylan come se fossero il corpo di Cristo, e quantità di pubblici che rispondono amen; non vedo perché Ryan Adams non dovrebbe anche lui fare la sua cosa. Faccia pure tutti i sacrilegi che vuole, ben venga questo album in cui si prende la libertà di stiracchiare certe canzoni con lunghi strumentali a piacere ad libitum.
Il mio dubbio è a monte: quando interpreti Bob Dylan, in cuor tuo, ti trasformi anche tu in un Bob Dylan per quattro minuti, con quella posa lì da menestrello della scuola genovese di Duluth, con quel tono lì tipo dovreste ringraziarmi se sto elevando la vostra stupida vita facendovi sentire queste intelligenti canzoni, con quella spocchia da cantautorato tipo mi hanno dato il Premio Nobel ma non ho tempo per queste cazzate. Chi interpreta Bob Dylan dovrebbe farlo pensando che tra il pubblico c’è lo stesso Bob Dylan che ti guarda e ti giudica e ti disprezza: solo così potremo assistere a interpretazioni più autentiche e interessanti e soprattutto più rare.
Come se la cava Ryan Adams? A un primo ascolto penso in linea di massima ok, il secondo ascolto lo lascio volentieri a voi.
(What’s the story) morning glory? degli Oasis
Ryan Adams è da sempre un fan accanito degli Oasis. La sua particolare cover di Wonderwall del 2003 gli aveva regalato una strana notorietà: Noel Gallagher l’aveva amata così tanto da iniziare a suonarla dal vivo nella versione dell’americano (cosa che disorientava un po’ i fan). Forse era iniziata in quel momento la nomea di Ryan Adams come una sorta di “interprete d’autore” di autori che non sono lui.
Vent’anni dopo (2023) non poteva non pubblicare il suo personale integrale (What’s the story) morning glory?, album da cui la canzone è tratta, e che nel 1995 ha rappresentato l’apice della saga dei Gallagher e del Britpop tutto.
Cosa ne pensa di questa reinterpretazione un fan dei Gallagher del Britpop tutto quale sono io? Non avrò modo di amare queste versioni tanto quanto quelle originali, ma devo ammettere che nel lavoro di Ryan Adams c’è un’enorme passione, perché reinterpreta non solo tutti i pezzi dell’album, ma anche diversi lati B come Acquiesce, Talk tonight, Headshrinker, Rocking chair… Non c’è modo migliore dei lati B per condividere, tra artista e ascoltatore, tutto l’amore per l’incredibile repertorio della band di Manchester nel suo periodo d’oro.
Non ho mai capito: esistono al mondo persone che siano fan sia degli Oasis che di Ryan Adams, che non siano lo stesso Ryan Adams e io? Secondo me non molte, nemmeno dopo il tour del 2008 che avevano fatto insieme. Comunque questa sincera dichiarazione d’amore meriterebbe almeno un like di risposta, per esempio un Noel Gallagher che coverizza To be young (is to be sad, is to be high) di Ryan Adams, ipotizzo.
Quale sarà il prossimo cover album di Ryan Adams?
Diciamoci la verità, non eravamo qui per spararci le recensioni, bello questo, brutto quello, bocciofila quell’altro, e bla bla. Forse questi album saranno di poco interesse sia per i fan del coverizzante che per i fan dei coverizzati; rientrano più che altro nel racconto dell’incessante caos creativo di un artista talentuoso e misconosciuto che mai come oggi ha bisogno di rimettere a posto la propria carriera dopo anni non proprio felici.
Il punto è un altro: sono sicuro al 200% che presto o tardi Ryan Adams tornerà con altri cover album. E allora dai, proviamo a indovinare quale sarà il prossimo, in modo da poter dire “io l’avevo detto”, la frase più bella del mondo.
Se dovessi buttare lì una previsione, andrei a cercare indizi tra le decine di cover che in passato a Ryan Adams è piaciuto suonare. A stringere, la sua prossima scelta potrebbe essere una di queste:
- One by one o un altro dei Foo Fighters (in passato aveva suonato Times like these)
- Harvest o un altro di Neil Young (l’opzione più probabile, aveva rifatto Old man, e comunque sono evidenti le affinità stilistiche con il canadese)
- Reckless di Bryan Adams* (qualche volta ha strimpellato Summer of ‘69 e Run to you. Non succede, ma se succede…)
Se avete previsioni, presentimenti o premonizioni, potete scriverle nei commenti: la vostra capacità divinatoria sarà così certificata per sempre!
* La quasi omonimia di Ryan Adams con Bryan Adams credo rappresenti una discreta seccatura per l’americano, contando anche la beffa che entrambi fanno pure il compleanno nello stesso giorno (5 novembre). In un concerto nel 2002 uno spiritosone dal pubblico gli aveva chiesto di suonare la canzone famosa di Bryan, e Ryan aveva fermato il concerto per invitare lo scocciatore ad andarsene dalla sala. L’anno dopo è tornato nello stesso posto (Nashville’s Ryman Auditorium), e beh, l’ha suonata, Summer of ‘69.
La foto di copertina col gattino l’ho presa dal booklet dell’album Prisoner (2017).
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Il prossimo sarà Tango dei Matia Bazar oppure Odi profanum vulgus et arceo di Miss Violetta Beauregarde, altrimenti è troppo facile.
Miss Violetta Beauregarde, che tempi!!!
Nel genere preferivo Tying Tiffany.
Ma sai che non ho mai capito un operazione del genere? È una cosa perfino peggiore delle tribute band.
Va però detto che 1) le sue sono reinterpretazioni e non pedisseque imitazioni come le tribute band, 2) è un po’ l’unico a fare questa cosa e in modo così abbondante.
Detto questo, resteranno certamente cover senza futuro, soprattutto le ultime 3… ma ecco, questo suo folle dispendio di energie per un’operazione senza possibilità di successo, mi suscita simpatia!
Sì, hai sottolineato due cose importanti che era giusto ribadire. Però rimango sempre perplesso davanti ad un’operazione fatta al 100% per se stesso.