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Anni 90 Pop corn Pop Rock

Un mastermind su Californication dei Red Hot Chili Peppers

I Red Hot Chili Peppers. Già dal tipo di nome potevi capire che è quel tipo di gruppo di cui ti saresti appassionato tantissimo subito, e stancato in fretta e inesorabilmente. Non è andata esattamente così, in fondo. Anche se poi arriva quello che dice che l’album perfetto era Blood Sugar Sex Magik che era del lontano 1991 (troppo facile cavarsela così). Anche se poi arriva quello che dice che l’album DAVVERO migliore era One Hot Minute con Dave Navarro al posto di John Frusciante (troppo cerebrale da parte tua, e non sono nemmeno sicuro che tu l’abbia ascoltato tutto fino alla fine). Anche se poi arriva quello che dice eh, ma i primissimi tipo Mother’s Milk (troppo radicale dai, con sta cover di Higher’s Ground tutta stonata, no?).

Invece Californication ci metteva tutti d’accordo. Già nel 1999, quand’era uscito, potevamo riunirci (oggi si dice “mastermind” tra gli imprenditori di successo che “fanno rete”), sederci al tavolo con una birra e concordare sui seguenti punti:

  • Il più carino, non il più bello. Godiamocelo quanto possibile perché è palese che d’ora in poi i Red Hot Chili Peppers faranno solo album gommosi morbidosi.
  • Scar Tissue è meravigliosa. Due accordi in croce, una chitarra semplice, una Fender nel deserto, un collo di bottiglia spezzato che scivola su corde di metallo. Un video super, loro 4 ridotti male pesti e pieni di cicatrici dopo chissà quale rissa o storiaccia americana.
  • Californication (la canzone) ha un assolo terribile.
  • Il ritorno di John Frusciante nel gruppo è una storia bellissima. Dopo tutti quegli anni di eroina e solitudine e album solisti disperati, ora dice addio alle brutte abitudini e alle brutte compagnie: torna nei Red Hot Chili Peppers (siamo a posto allora!).
  • Si dice che a suonare dal vivo siano dei cani, ma nessuno di noi ha ancora un’esperienza diretta.
  • “Però Flea è tecnicamente bravo”, soggiunge Riccardone.
  • La robusta Around The World negli spot in tv (siamo nel 1999, gli album vengono ancora promossi con spot televisivi, NdP) ci promette il grande rock ma poi senti tutto l’album e capisci che in realtà gli interessa solo fare ballate leziose. È comunque bello quando Anthony Kiedis nel ritornello canta “ding dang dong dong ding dang dong dong ding dang”, una cazzata che non ha senso (e infatti nel nostro mastermind c’è chi è perplesso su questo).
  • (Comunque gli spot funzionavano perché quel cd ce l’avevano proprio tutti!)
  • Dalla 8 in poi fisiologicamente ci perdiamo un po’.
  • Insomma tira aria di album di metà carriera, quel particolare settembre dell’ispirazione che ci piace ancora ma ci immalinconisce l’animo con una speranza di luce sempre più corta e fioca. Lo diciamo a birra ormai alla fine, tiepida e sgasata.

Questi erano i punti su cui potevamo essere tutti d’accordo già nel 1999, e avevamo ragione su tutto, ovviamente. L’unica cosa a sfuggirci era che Emit Remmus era “Summer Time” al contrario ed era una canzone sulla love story di Kiedis con Mel C delle Spice Girls: ce ne saremmo accorti solo tempo dopo per caso imbattendoci su qualche sito internet. Pochi commenti anche su Otherside, con cui ci hanno talmente martellato che l’ho completamente rimossa dalla memoria; ma non serve ricordarsela, tanto adesso le fanno tutte in quel modo lì. Presenza più discreta, infine, Road Trippin’: la canzone acustica, ultima in scaletta, che uno di noi (io) ha poi ritrovato sotto forma di cd singolo in qualche cestone di dischi usati, segno che qualcuno (di noi?) ha ingenerosamente deciso di disfarsene.

Archiviata questa pur gradevole riunione, non avremmo più dedicato altri cosiddetti mastermind ai Red Hot Chili Peppers. (Fortunatamente non ho sentito l’esigenza di abbreviarli nel brutto acronimo RHCP, come si usa, per snellire la lettura.) “Quanti anni avranno?” ci chiediamo oggi, per questo tipo di gruppi, ogni volta.

La foto b/n di copertina è di Luigi De Palma, l’ha fatta a un matrimonio, lo sposo aveva i gemelli fatti così.

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Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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8 commenti

  1. Nel 1999 mi ero già rotto dei Red Hot Chilli Peppers, che già dal nome si doveva capire che erano di quelli che si buttavano sul luogocomunismo della trasgressione. In seguito chiusi anche con i dischi solisti di Frusciante. Dave Navarro andava bene per gli amanti dei red carpets. Ecco: Red Hot Chilli Carpets sarebbe stato un nome più consono: dai bassifondi di LA dove ci stanno i drogati che si drogano a Hollywood dove ci stanno i drogati che hanno meno problemi a procurarsi la droga.

    1. Grazie, vanno dette anche queste cose 😊

      1. E’ solo il mio parere.

        1. Questa cosa della droga getta ombre cupe e funerarie e luttuose intorno a loro, questo appesantisce anche me. Hillel Slovak, River Phoenix, e chissà quanti non famosi non sappiamo. Pure Frusciante è stato a tanto così. Erano gli anni in cui. Questi hanno proprio delle morti sulla coscienza. Non come che ne so, gli Aerosmith, che poi finiva tutto in caciara

          1. Non lo so, non conosco il gossip, Frusciante mi pare che se ne andò perché era incontrollabile, ma di casi così ne sarà piena la storia del rock da Syd Barrett e Brian Jones in poi, e non so se qualcuno ce li ha sulla coscienza, a parte i pusher.

  2. Visto che segui la musica italiana volevo segnalarti questo librone:
    https://www.internazionale.it/opinione/claudio-giunta/2019/04/06/storia-canzone-italiana

    1. Certo, è il mio prossimo acquisto

      1. Poi ce lo recensisci.

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