occhio sbagliato mario sechi
Società & costume

L’occhio sbagliato

Ogni volta che parlo con uno strabico, purtroppo fisso sempre l’occhio sbagliato.

Ogni volta che parlo con qualcuno che magari non ascolto, non capisco o non mi interessa ciò che dice, faccio sempre finta di ascoltare e capire: un metodo che uso è ripetere l’ultima parola che l’interlocutore ha detto ed esprimere interesse. Ad esempio se mi dice “stamattina mi sono svegliato, mi sono fatto la doccia e mi sono bevuto un succo di frutta all’arancia”, io che non lo sto ascoltando dico: “mmm, all’arancia? buono…!”

Quando l’interlocutore ha difetti di pronuncia che rendono incomprensibili le sue parole è più difficile, cerco comunque di attaccarmi ai pochi concetti che capisco.

Ho imparato che sul pullman è importante avere sempre un libro con sè, sedersi se possibile per leggerlo e non alzare MAI lo sguardo. Questo consente di non incorrere in conversazioni impreviste in cui bisogna sforzarsi di essere cortesi. Ad esempio, una volta ho compiuto l’imperdonabile errore di salire sul 16 senza libro, una vecchina calabrese ha attaccato bottone con me e bla bla bla è finita che mi ha impapocchiato e le ho portato le borse della spesa fino a casa sua al quinto piano senza ascensore.

Alcune frasi che si possono usare se un musicista emergente vi chiede un parere sulla sua performance che però vi ha fatto cacare: “non si sentivano le chitarre, il fonico è un incapace” – “che energia!” – “complimenti, il locale era pieno!” – “fate un genere che non ascolto ma avete un buon sound” eccetera. L’importante è mentire il meno possibile perchè in futuro potreste trovarvi in situazioni di imbarazzo ancora maggiore, fidatevi.

Non si finisce mai di imparare nei rapporti sociali. Io cerco continuamente di migliorarmi, ma purtroppo nel caso dell’occhio strabico non mi riesce, più cerco di guardare l’occhio buono più mi accorgo di fissare l’occhio sbagliato. Ciò mi causa una perdita di concentrazione, con conseguente rischio di lapsus, strafalcioni, equivoci. Ad esempio sopra ho scritto che Mario Sechi è direttore del Tempo, e con questo non voglio dire che sia il responsabile remoto del meccanismo ancestrale della successione degli eventi, ma semplicemente che c’è un quotidiano che si chiama Il Tempo il quale si onora e ònera di avere tal Mario Sechi come direttore. Sono stato impreciso ed evidenziare i difetti fisici non è elegante, ma vi giuro mi ipnotizza non riesco a levarmelo dalla testa aaaaargh

Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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