Nick Cave è la tipica pietra miliare della musica rock che non conosco bene, pur avendoci sempre girato intorno. Ammucchio qui tutto ciò che so di lui in stile “Mi ricordo” di Joe Brainard (libro che non ho letto e sarebbe bene farlo).
Nick Cave è australiano. Altri australiani che mi ricordo sul momento senza andare a controllare: gli AC/DC, Natalie Imbruglia, i Jet.
Mi ricordo che più di dieci anni fa ho letto un suo romanzo, “E l’asina vide l’angelo”, molto bello, estremamente simbolico, un po’ fuori di testa. È la storia di un ragazzo emarginato in una comunità religiosa integralista. Lo leggevo quando andavo in palestra per la rieducazione del mio povero legamento crociato anteriore, mentre facevo la cyclette tenevo il libro sul manubrio. “Cosa stai leggendo di bello?” era iniziato così un baccaglio di cui sono stato oggetto (era un lui).
Mi ricordo le sue canzoni indispensabili, ma il fatto che sia per così dire un narratore puro, cui non frega molto di assecondare metriche o vezzi armonici, mi rende l’ascolto non facilissimo. Personaggio dalla fisicità singolare: i capelli tirati indietro in quel modo, camicetta e giacchetta appese al suo skeleton body, e quelle movenze lunghe, da ombra, macchianera.
Mi ricordo Kylie Minogue.
Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, dopo i Sonic Youth, si era innamorato di Nick Cave e Neil Young. Mi ricordo che scriveva molto di Nick Cave sul sito della band, quando c’erano ancora i siti, prima dei social. Ma io conoscevo bene Neil Young.
Mi ricordo quelle famose dichiarazioni di Nick Cave sul suo modo di lavorare: aveva detto grossomodo che per comporre si chiude in uno stanzino otto ore al giorno, come fosse un impiegato, perché scrivere è un lavoro dunque l’autodisciplina è importante. Queste sue parole avevano esercitato una fascinazione sorprendente su tutti i musicisti o simili che tentavano o stentavano di musica. In quel periodo, per autoprocurato orgasmo, tutti erano d’accordo che questo fosse metodo esemplare per diventare professionisti. L’equazione musica = lavoro è sempre seducente, soprattutto per chi non riesce a verificarla, specialmente per quei tanti aspiranti che, prima ancora che imprenditori di se stessi, sono sindacalisti di se stessi. Non so se mi spiego. Comunque trovavo il tutto un po’ ridicolo (infatti non l’ho mai preso ad esempio → infatti con la musica riesco a campare max un paio d’ore al mese). D’accordo che con Nick Cave funziona, ma lui è Nick Cave.
Traffic 2009, suo concerto a Venaria: ero bello ciucco, in questo caso non ricordo proprio nulla.
Mi ricordo i Grinderman, supergruppo con Warren Ellis e altri amici suoi. Avevo preso il cd e non so perché l’ho abbandonato. Risentito in questi giorni, che stupido sono stato!
E poi questo film “Once more time with feeling”, titolo stanco, rassegnato, amaro. Dentro c’è praticamente il suo commento al disco “Skeleton Tree”, il cui percorso è stato segnato da un lutto, o meglio un “trauma”, probabilmente la parola che ricorre di più nel film. Le canzoni, commoventi se “viste” in questo contesto, risentono della morte di suo figlio, in circostanze che nello stesso film non vengono completamente spiegate. Chi vorrà vederlo troverà un Nick Cave piuttosto preso male. Io l’ho visto al cinema Massimo, quasi tutto in bianco e nero, in 2D (da qualche parte lo danno anche in 3D), con i sottotitoli. Mi ricordo il commento di una seduta vicino a me, alla fine del film: “mi sono piaciute le frasi”.