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Memory of a free festival

La Luna e i Calanchi 2015

La fine. Dimmi cosa provi quando qualcosa di bellissimo è appena finito, è l’unico momento in cui hai dentro la memoria del film completo, e il tuo sentimento è ancora a caldo come il pane appena sfornato. Poi i tuoi pensieri diventeranno più freddi, fermi, raffermi e sarà troppo tardi per essere irrazionali e soggettivi.

La fine di La Luna e i Calanchi, festa della paesologia ad Aliano in Basilicata, è stata senza anestesia. Il sonno è stato il grande assente della settimana. L’alba è la nuova frontiera del tramonto ed essere svegli da ieri, dillo pure, ci fa sentire dei cazzo di eroi. Ma tanto più è straordinario un evento, come questo è stato, tanto più è amara la separazione, rischiamo di tornare ordinari e normali e lo sai che non lo vuoi, anche se lo sei, o comunque hai tutti gli elementi per considerarti così.

Il momento dei saluti prima delle partenze dovrebbe essere vietato e severamente sanzionato, è troppo amaro e non si trova mai una parola buona e giusta e degna per definire o esorcizzare l’infinita tristezza di quello che potrebbe essere più un addio che un arrivederci. Quando capita che vengo smentito dai fatti sono il primo a gioire, ringraziare il destino e brindare al caso. Ma senza saluti finali, almeno, il cerchio non si chiuderebbe, la storia resterebbe incompiuta, e sarebbe sottinteso che la fine non sia ancora arrivata, resterebbe in testa più l’addio che l’arrivederci, più l’abbraccio che la lacrimuccia che hai pianto anche se non hai pianto, perché sei uno che non piange mai.

Quando è finito il festival? La porta è l’autostrada. Finché sei ancora sulla statale, per quanto tu ti sia allontanato dal paese, sei ancora dentro, appena imbocchi l’autostrada sei fuori: con il biglietto al casello Aliano è finito. Eppure ti fermi all’autogrill a mangiare i calzoni alla bietola che ti eri comprato al panificio del paese, e improvvisamente sei di nuovo dentro. Riparti, ecco la prima coda (ma poi, chiedilo a Niccolò, quale sarà mai il principio fisico che rende possibili le code?), migliaia di macchine incastrate sulla stessa colata d’asfalto, sei di nuovo fuori. All’autogrill successivo trovi due persone che guardano la tua maglietta e ti riconoscono, c’erano anche loro ad Aliano, scambi due parole e sei di nuovo dentrissimo. Riparti e apri internet e leggi saluti ringraziamenti fotoalbum articoli e altri vari sigilli social, è finito di nuovo… è un dentro/fuori che dura fino a quando arrivi a casa tua, che è il definitivo punto di non-ritorno, il luogo più lontano che ci sia dalla tua estate, dalla tua immaginazione.

Io e Chicco stavamo ascoltando in macchina un cd misto, c’era la canzone di Venditti con le uscite dell’autostrada e proprio mentre stavamo passando Roncobilaccio è arrivata la strofa su Roncobilaccio. Questo non c’entra niente ma è per dire che il cosmo tutto sembrava in stato di grazia.

Niccolò ha suonato con Rondinella, la fisarmonica dei primi tempi dei Nemici, all’alba con me in piazzetta Panevino. Sofia ha fatto foto bellissime come questa quassù. Sono grato agli amici che sono venuti più o meno “forzati” da me… sono grato a chi ho ritrovato, a chi ho conosciuto, a chi ho incrociato per un troppo troppo poco.

Ho fatto di tutto per non salutarvi soltanto allo scopo di ingannare la fine. Scrivo qualche cartolina chiedendo e felicemente trovando nelle Poste Italiane tutto ciò che purtroppo non posso trovare nella Rete: lentezza, sforzo, costi, esclusività, inchiostro, attesa, resistenza alla modernità. Non è ancora arrivata la fine allora, qualcosa rimane, per esempio germi di felicità impossibili da debellare.

Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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