liberato attesa
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L’attesa di Liberato è essa stessa Liberato?

Lo so, il titolo è una battuta un po’ sputtanata, dopo la pubblicità dell’aperitivo ormai si ricicla un po’ per tutte le cose. Non dubito che qualcuno l’abbia già fatta anche su Liberato. Ma questo è: l’attesa per ogni evento del cantante napoletano senza volto è stata finora così forte proprio perché nessuno l’ha mai visto in faccia. 

Non andrei stavolta a parlare di musica. Le sue canzoni sarebbero così ascoltate se lo vedessimo com’è, tutti i giorni su Instagram, e sapessimo il suo nome? Probabilmente no, sarebbe uno tra i tanti, ebbasta.

Non andrei nemmeno a sconfinare nella filosofia. Ogni mattina un artista si sveglia e sa che dovrà postare una foto più da artista degli altri. Una nuova figurina, un nuovo santino (le dimensioni guarda caso sono quelle), un nuovo idolo nel senso di simulacro. Invece con l’assenza di immagine immagini l’essenza, come Dio? Avevo detto niente filosofia!

Ho seguito tiepidamente i primi due casi di concerto-di-Liberato, uno a Milano in cui è stato impersonato da Calcutta, uno a Torino in cui lui o chi per esso è rimasto camuffato. Ma per quanto riguarda quello di Napoli (il famoso “Nove maggio Napoli lungomare tramonto gratis”), ammetto di aver seguito con molta curiosità. In fondo, quale luogo migliore della sua città per rivelarsi, liberarsi?

Ipotesi troppo ottimista e romantica. Un po’ mi immaginavo il sole al tramonto che dal mare di Napoli picchiava i raggi in faccia al pubblico, lasciando Liberato invisibile in controluce, come quando guido col sole in faccia e quasi metto sotto un pedone perché accecato dai raggi. La realtà sembra essere stata un po’ più classica: concerto serale, tre persone sul palco completamente coperte, fumo e luci, ventimila cellulari puntati sul palco per catturare un santino del cantante invisibile. Tutti la stessa story, utile a dire “io c’ero”, ma inutile a dire “io l’ho visto”.

Ora ci sono due concerti in programma a Giugno – Milano e Barcellona – e chissà quali altri sorprendenti annunci. Dunque mi domando cosa ci riserva il futuro. Mi invento i possibili scenari:

  1. L’attesa e la curiosità per vedere chi è Liberato diventa troppo pressante. E allora lui si svela, cercando di monetizzare un’immagine che ha raggiunto un valore incalcolabile. Una settimana di stupore e hype pazzesco, e poi retrocede al livello di uno tra i tanti.
  2. Liberato sceglie di non svelarsi mai. Ma dopo lo scalpore iniziale la curiosità lentamente si sgonfia, il pubblico si abitua, il suo mistero non è più così misterioso, la sua novità non è più una novità. Inevitabilmente retrocede al livello di uno tra i tanti.
  3. Il suo pubblico accetta il fatto che lo non vedrà mai. Lo ama proprio per questo. Altri dopo di lui proveranno questa mossa radicale, ma Liberato rimane il modello. Non retrocederà, resterà unico, e forse Napoli riterrà di avere trovato il suo nuovo Pino Daniele.

Il superpotere dell’invisibilità sta imprigionando Liberato? Svantaggiauto-condannarsi a essere solo spirito sulle playlist, fare attenzione a non lasciare tracce in pasto a spioni e curiosoni che possono spifferare tutto. Vantaggi: essere uno/trino su un palco nonostante l’occultamento, avere un’alibi di ferro per essere dispensato in futuro da rituali sconfortanti come i firmacopie, non apparire mai = non invecchiare mai. 

The importance of being Liberato mi insegna che, negli anni delle immagini, la sensazione più grande è suscitata dal mistero. Il web ci ha tolto il mistero: questo lo hanno detto recentemente sia Manuel Agnelli che Jack White in due interviste che (combinazione) non sono molto agevoli su internet. Per la prima devi sentirti tutto un podcast su Radio Radicale, per la seconda devi pagare qualcosa per accedere al contenuto.

Penso che tutti noi musicisti o quasi abbiamo a un certo punto accarezzato il sogno bizzarro di diventare famosi diffondendo canzoni enigmatiche e irresistibili mantenendo un rigoroso anonimato, uno splendido isolamento. E allora tutti si sarebbero chiesti: “chi cazzo è questo muoio dalla voglia di saperlo swaaaag!” Qualcuno l’ha parzialmente fatto, i Tre Allegri Ragazzi Morti con le maschere da morto, I Cani coi sacchetti in testa, Myss Keta con bavaglione e occhiali scuri. Ma si trattava solo di maschere, costumi di scena.

Ultimamente si fa molto sul serio, perché un qualsiasi volto di Liberato in teoria non esiste, e altri si stanno comportando in maniera simile. L’ambiguo progetto chiamato Cambogia è riuscito in una bella beffa: non si era accorto nessuno che fosse un fake, una presa per il naso con l’aiuto di un presta-volto, architettata apposta per dimostrare a tutti che le canzoni indie sono stupide e replicabili a tavolino. The Andrè, che ha infestato il tubo di piuccheperfette cover trap in stile Fabrizio De Andrè, ha tenuto finora segreta la sua identità; come farà quest’estate, visto che suonerà in un bel po’ di festival?

Queste due storie recenti nascono con già in grembo la parola Fine. Ma Liberato forse no: oltre al mistero, ha dalla sua anche l’attesa, l’eterna fantasia che un giorno getti la maschera, che venga fuori chi è il supereroe che si cela dentro al giubbotto col suo nome. Per ora conduce la sua vita nell’anonimato a Napoli. Possibile che in due anni si sia conservato il segreto? Possibile che nessuno abbia mai sbirrato? Ma se penso che a Napoli da anni tutto questo funziona alla perfezione per Elena Ferrante, la scrittrice che nessuno sa chi sia, allora forse si tratta della Gotham City ideale per vivere una doppia vita, sia quella da Bruce Wayne che quella da Batman. 

Se è un’operazione di marketing, allora è una bella operazione di marketing. Tifo perché questo gioco duri più possibile, preferisco questo ai buffi fenomeni impellicciati coi denti d’oro. Non ho voglia di pensare che un giorno verrò a sapere chi è Liberato. Che poi sarà uno dei Massive Attack, di solito finisce così.

Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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2 commenti

  1. questo pezzo mi è piaciuto molto ma in particolare per l’uso davvero cool del termine “sbirrato”.
    credo ci sia poco di così torinese come il termine sbirrare.
    grazie plinio bravo plinio

    1. Grazie, mi sono domandato se tenerlo o no, ma era davvero la parola giusta. Io lo so che tu lo sai chi è Liberato

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