Cantautore e produttore e per brevità chiamato artista, il pugliese Amerigo Verardi è il tipico personaggio per il quale viene utilizzato l’aggettivo “seminale”.
Il primo episodio della mia passione a puntate per Verardi risale al 2003, quando suonavo nei .nebbia e aprimmo, anzi “chiudemmo”, il suo concerto a Collegno: in serata suonò lui, e poi noi a notte fonda. All’epoca non avevo la minima idea di chi fosse, ma sentito il suo set acustico (era il periodo del duo Lotus) mi fu subito chiaro che aveva classe da vendere.
“Nessuno è innocente” dei Lotus è tuttora uno dei miei dischi rock italiani preferiti. Lo ascoltavo ripetutamente e con devozione. La partecipazione di Manuel Agnelli degli Afterhours era il certificato che esibivo agli amici per testimoniarne il valore, ma anche i più indie tra i miei amici indie non conoscevano questo Amerigo Ve…spucci? Che hai detto?
Mi documentai sui suoi lavori precedenti, in un negozio trovai un vecchio disco dei Lula. Gli spedii il cd della mia band come fanno tutti gli emergenti con i loro idoli, chiedendogli un parere. Lui mi rispose con un breve commento (in un foglio word allegato alla mail, questo particolare mi aveva colpito) dicendo qualcosa tipo che la nostra musica era piuttosto scontata e non incontrava i suoi gusti. Ho cancellato la mail e ho cercato di dimenticarla, ma purtroppo non ci sono riuscito.
Tempo dopo, una nuova disavventura complicò la mia telenovela con Verardi: caso volle (tralascio l’antefatto) che un pomeriggio mi presentai completamente ubriaco ad un suo set acustico alla Fnac. La situazione era imbarazzante, ero ingestibile e credo di aver delirato non poco, fui gentilmente accompagnato fuori dal negozio dal personale. Evito il racconto, pur se interessante, di come proseguì la mia serata.
Passò altra acqua sotto i ponti e andai al Barrio a sentire uno dei suoi primi concerti con Marco Ancona. Era il periodo di “Il Paese è reale”, la compilation che promuoveva la scena indie italiana, operazione in vecchio stile Tora Tora che Manuel Agnelli aveva lanciato dopo la partecipazione degli Afterhours a Sanremo. Quella sera, oltre a vecchi capolavori riarrangiati, suonò qualche pezzo nuovo che sarebbe andato poi a comporre il nuovo disco; serata per pochi fortunati intimi e, per quanto riguarda me, me ne stetti buono buono per evitare altri guai.
Ora ecco finalmente questo “Il diavolo sta nei dettagli”. La lama affilata dei testi si svela gradualmente con gli ascolti, le ritmiche quadratissime di batteria elettronica e synth rubano a volte la scena alle chitarre. A parte un attimo di stanchezza sul recitato di Pasolini (chapeau per carità, ma oltre il secondo ascolto è un po’ controproducente), è un disco che viaggia ad alti livelli fino alla fine. Poche canzoni, ma tutte di peso. Sono contento e lo sto quotidianamente divorando.
E questo è attualmente l’ultimo episodio della serie. Possibili nuove mirabolanti avventure.
mmh certi racconti te li tieni tutti per te eeeeh?!
my piace la svolta pseudo intimista
continua così
che aveva detto? conservo ancora il bootleg…
che gran ricordo la serata con amerigo!!!
se ti interessa la data precisa, era sabato 3 maggio… non sei l’unico che ha di codesti (tremendi) ricordi!!!
Ricordo ancora cosa disse del nostro soundcheck ed in particolare della batteria (dove sedevo io in quanto stika bloccato in via guido reni)!