I have a dream. L’ho sempre avuto. Trovare un modo, riuscire a raggiungere un nuovo pubblico senza passare per forza per piattaforme, algoritmi, dinamiche di promozione. Senza sottopormi a tutte le prassi, regole, tattiche e strategie che si “devono” usare per sparare in orbita la propria cosa, che diventa una flebile stellina ai margini di un cielo puntinato di miliardi di altre stelline, che fanno la loro cosa altrettanto imperdibile e straordinaria e unica e quasi uguale alla mia. In definitiva, il sogno è aggirare tutto il marketing convenzionale e arrivare al traguardo, se possibile con l’aria fresca fresca di quello che non ha nemmeno versato una goccia di sudore. Ci ho provato a volte anche con la musica, certo, con risultati pari a zero. Pensavo “se sei bravo prima o poi qualcuno ti nota”. Cazzata. È un discorso pieno di eccezioni, e poi probabilmente non ero nemmeno bravo. Scommetto che un po’ a chiunque è capitato nelle proprie attività, se non di provarci, almeno di avere questo sogno.
Per tutti questi motivi, nel 2017 mi innamoro dell’idea di Gigi Giancursi di pubblicare il suo album Cronache dell’abbandono senza diffonderlo on line, senza promuoverlo alle testate, senza annunciarlo con tutti i sacri crismi di comunicati di uffici stampa, ma proponendolo solo al suo insieme di affezionati. In definitiva, senza contare su nulla che non sia il passaparola del suo pubblico (che, va detto, è abbastanza nutrito visto che ha suonato nei Perturbazione, ha partecipato a Sanremo, e da sempre fa mille cose “nella musica” come condurre programmi in radio, organizzare concerti e festival, produrre musicisti e – ogni tanto anche – fare canzoni sue. Un tesoretto di esperienze reali, interazioni reali, competenze reali, relazioni reali, che ha un valore che nessun miliardo di streaming potrebbe pagare – provami il contrario.)
Preso bene da questa idea, nel 2018 scrivo una recensione dell’album, per una webzine. La titolo così: “Gigi Giancursi E Il Suo Album Che Non Trovi On Line”, con tutte le iniziali in maiuscolo, facendo un po’ il verso al copywriting markettese (che peraltro sarebbe pure il mio lavoro, a dispetto del paragrafo iniziale) che ha l’obiettivo di rendere imperdibile ciò che stai posizionando. L’intento è evidenziare per paradosso il totale non-marketing dell’operazione di Giancursi, che propone un’opera praticamente irreperibile, se non con l’impegno di contattarlo direttamente per farsi recapitare fisicamente il disco. How many clic must a man digit down?
Oltre al tema del non-marketing, ovviamente la recensione in questione parla anche dell’album, che ho ascoltato molto (devo dire che conosco Giancursi di persona, ma se non mi fosse piaciuto non avrei scritto un bel niente) ed è una collezione di canzoni piene di ferite, che in maniera diretta e indiretta raccontano in musica un difficilissimo periodo di vita, attraversato da una rottura col gruppo, una separazione affettiva, e più in generale una crisi del “sogno” della musica così come l’ha sempre affrontato, con fiducia ed energia illimitata. L’abbandono, insomma, è la parola che riassume tutto questo, e che è rappresentata nella copertina realizzata da Silvia Gariglio.
Nel 2019, due anni dopo la pubblicazione, quando ogni “novità” dell’album è decaduta, quando una piattaforma promozionale non serve più a nulla, quando perseverare nella scelta no-web potrebbe scadere nel puro luddismo, Gigi Giancursi carica finalmente l’album su Spotify e YouTube. Io allora vado a cercare la recensione che avevo scritto e… cazzo! Non la trovo. La pagina è 404 error. La webzine è morta. Il sito non esiste più. Provo in tutti i modi a recuperare il testo: cerco tra i miei file, cartelle, mail eccetera (tengo sempre una copia di tutti gli articoli che scrivo per altri, ma questo me lo sono clamorosamente dimenticato), vado anche a vedere su Wayback Machine che è l’archivio dei contenuti “morti” di internet, ma niente. Recensione is blowing in the wind.
Il paradosso che sta alla base di questa piccola beffa è che:
- l’album, prodotto NON per il web, è vivo e vegeto e ascoltabile da tutti nel boxino in fondo.
- la recensione invece, scritta per il web (su un album che non era per il web, ma che ora è sul web), è completamente scomparsa dal web medesimo.
Anche se la recensione non esiste più, e comunque non serve più, avevo piacere di raccontare questo simbolico paradosso, stavolta ri-titolandolo con un più attuale “Gigi Giancursi E Il Suo Album Che Non Trovavi On Line”. Avrei potuto anche titolarlo “Paolo Albera E La Sua Recensione Che Non Trovi On Line”, ma probabilmente non avresti mai aperto questa pagina: il copywriting markettese è anche fatto di realismo.
L’album invece è sempreverde, e sono lieto di cogliere il pretesto per riproporre queste canzoni illuminanti, spesso sofferenti, ma a tratti anche molto giocose, che oltre ad essere belle da ascoltare hanno tenuto acceso un sogno che sono sicuro che tanti nella musica abbiamo, quello di “trovare un modo” senza passare per forza per piattaforme e algoritmi, tattiche e tecniche e strategie. Anche perché non puoi distrarti un attimo, perdere una password o cancellare un file per sbaglio o dimenticare di pagare un dominio, che le cose scompaiono per sempre.
Gigi Giancursi suona il 21 maggio al Circolo della Musica, Rivoli.
Visto che tornano i concerti, prendi la maglietta del MySpiace!
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Lo ascolterò. Ieri da Feltrinelli c’era in superofferta Le storie che ci raccontiamo dei Perturbazione e l’ho preso. Ce l’avevo già.
Ahaha le super offerte sono talmente irresistibili che anch’io ogni tanto quasi mi viene da prendere un doppione
Il disco di Giancursi è pure su discogs. Per l’etichetta è scritto “none” che non capisco mai se è inglese o ciociaro.
Discogs è un universo che conosco poco, ogni tanto mi ci metto ma poi mi perdo non capisco più nulla
Ah, io non cerco dischi da comprare, gironzolo per le discografie, spesso incomplete oppure confuse, con i dischi non ufficiali che si intersecano agli altri.
Ricorda i Perturbazione. Però quando “antica” fa rima con “fatica” e non con altro …