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Ghemon è un lupo solitario

Ghemon nell’ordine alfabetico dei miei dischi sta dopo Gallagher, Gazzé, e prima di Gomez e Graziani. Per non parlare di quelli intorno, che c’entrano ancora meno. Per non parlare del posto in cui conservo i biglietti dei concerti (le medaglie al valore al milite rock), in cui i cartoncini con scritto Ghemon sembrano volati lì per sbaglio. Ma uno sbaglio non dev’essere se quel sabato il suo tour passava da Bologna, e anch’io passavo da Bologna, e ho colto l’ennesimo biglietto all’ultimo minuto per il concerto al TPO.

Ebbene sì, esiste un mondo senza chitarre distorte, senza assoli, senza rullate rutilanti, senza magliette dei Ramones, senza i sei ottavi: non ci penso mai, ma anche stasera ci sono dentro. Guarda un po’, la vera anomalia sono io, come il disco che non c’entra niente con quelli accanto.

Ad aprire, un duo che si chiama Yombe. Hanno chiamato il loro disco “Goood” con 3 o. Sono la cantante Cyen, r&b elegante molto Nelly Furtado, e il producer Alfredo Maddaluno con elettronica, synth e percussioni che fanno pendant con l’origine africana del nome del gruppo. Mi viene in mente James Blake nei pezzi più rarefatti, e il famoso remix della canzone di Lykke Ly in quelli più ritmati.

Interessante provare a spiegare in modo maldestro un genere di cui ho sempre avuto un ascolto superficiale. Spiegare invece chi ascolto con molta frequenza è una partita – spesso persa – contro il non detto, il mal detto, il non è detto.

Ghemon è un lupo solitario. Lo dice in una delle canzoni del nuovo album “Mezzanotte”, e lo ribadisce con la felpa “Lone Wolf” che oggi sfila e infila continuamente. Lo è da quando ha fatto un passo di lato per uscire dal rap nel momento dell’apice del genere in Italia. Praticamente un bel salto della quaglia prima che il trap dei ragazzini mettesse in crisi i primati dei divi MC. Ghemon è uscito dal branco per diventare un cantautore, con un’anima soul e due dischi registrati negli ultimi anni col suono caldo di una band, composta da musicisti di Calibro35 e Selton.

Questi album sono “OrchiDee” del 2014 e “Mezzanotte” uscito quest’anno. Il primo scaturiva da un’ispirazione di grazia che si coglie forse una volta sola nella vita. Il secondo è condizionato spesso e volentieri da due argomenti diversi e perversi forti: depressione e sesso. Da questi dischi vengono quasi tutte le canzoni dello spettacolo portato nel tour. Poco spazio per i pezzi dai precedenti dischi rap.

Ghemon con la band (Le forze del bene) alterna le nuove canzoni di Mezzanotte a quelle di Orchidee, fondendole anche in un medley. Ormai “canta” più che mai, anche se per qualche strofa si serve del rap. Non c’è dunque una svolta integrale, come era successo tempo fa con Neffa. Ma come fanno i rapper, o i cantautori, o comunque quelli che hanno i testi lunghi, a ricordarsi ogni singola parola e non sbagliare mai un colpo? In realtà Ghemon di colpi ne sbaglia un paio, e per avere il tour a livello top dovrà evitare qualche amnesia nei testi nuovi. «Sono umano, ma no». Ma sì!

È bello che il “post-rap” sia suonato, chitarra basso batteria tastiere. È bello stare un’ora e mezza con un lupo solitario e non con il solito capo branco alfa. È bello sentire queste canzoni, ne ha tante ormai, candidate outsider al genere “canzone italiana”: per esempio i singoli più conosciuti, “Adesso sono qui” (facciamo che sia la sua “Aspettando il sole”) e “Temporale” (diventata canzone “da X-Factor” quando Manuel Agnelli l’ha assegnata a uno dei suoi gruppi).

Per tutto il live alle spalle di Ghemon e della band vengono proiettate frasi. Sono frasi tipicamente da relazione – 6 chiamate non risposte – ripariamoci qui sotto – qualcosa cambierà – non ho visto la chiamata. E il concerto si chiude con il «fanculo quello che sto vivendo» dalla canzone “Dopo la medicina”, unito a una versione rap del «Vaffanculo» di Piero Ciampi. Semplice dunque immaginare quale sia la parolina visualizzata dall’ultima proiezione. Una parolina un po’ forte come saluto finale, ma dopo questo disco e questo concerto la prendo con grande affetto.

Paolo Plinio Albera

Muovo i primi passi falsi nella musica scrivendo canzoni.
Trovo quindi la mia strada sbagliata nella scrittura e nella creatività.
In poco tempo faccio passi indietro da gigante, e oggi ho un blog: il MySpiace.

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2 commenti

  1. Conosco pochissimo Ghemon, quasi niente. Cosa mi consigli per l’ascolto? E se ripassi da Bologna fai un fischio!

    1. ok!
      il mio consiglio è sicuramente l’album OrchiDee. bellissimo tutto, per me tra i dischi italiani top degli ultimi cinque anni

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