Ma che titolo è? Brutto forte vero? Proprio con questa sgradevole espressione inizia l’ultimo disco dei Verdena.
Quanta fatica a farmi venir voglia di questo disco. L’errore è stato leggere molte recensioni, ingenuità commessa per saziare la mia curiosità iniziale, come quando ti siedi affamato al ristorante e mangi tutto il cesto di pane e quando arriva il piatto hai già la pancia piena.
Tutta la critica ormai idolatra i Verdena, tutti li amano o almeno li rispettano, ogni volta sembra che esca il nuovo disco dei Pink Floyd. Che noia pazzesca! E io non sono che uno dei tanti, mi sono sempre piaciuti e ogni loro nuova uscita non mi ha mai deluso. Però sembra che ormai piacciano proprio a chiunque, ciò mi mette in allarme, mi chiedo dove ho sbagliato? I critici musicali fanno a gara a chi li incensa di più. Molti hanno addirittura scritto che i testi sono migliorati!
Gesù, ma è chiaro che i testi dei Verdena sono terribili. Uno non li ascolta mica per i testi, mi auguro, uno li ascolta per essere bastonato, frustato, ipnotizzato, travolto da tutta quella pasta sonica post grunge che col tempo sono riusciti a caricare e rendere inconfondibile ed eccitante. I testi fungono da arrangiamenti, da “adattamenti” da un finto inglese a un finto italiano, sono l’ultimo dei problemi ma alcuni annotano sul registro miglioramenti tra il primo e il secondo quadrimestre. Vabbè, andate su un qualunque sito coi testi delle canzoni, digitate Endkadenz Vol. 1 e stipulatevi un’idea.
Sono convinto che il bello di un gruppo siano anche le imperfezioni, gli inseparabili difetti che bene o male diventano forti caratteri distintivi. Adoro tutti gli elementi che rendono “umano” e fallibile un artista. I “nei tuoi nei” non li difendo ma li accetto. I testi brutti dei Verdena sono un dato di fatto, un elemento oggettivo come le chitarre scordate nella musica indie, come l’aglio nella bagna cauda, senza sarebbe cosa altra, migliore non so.
“Nei” a parte, questo disco mi piace senza se e senza ma, anzi senza sei e senza mai. Non mi distinguo dal pensiero unico, dalla ressa di adoratori e, a questo punto, di scrivitori di musica. I nostri varcano in questo disco nuove soglie dell’inascoltabilità uditiva e questo mi rassicura. Le loro produzioni diventano sempre più cupe, un percorso coerente dal loro primo scolastico album fino a questa macedonia di psycho casino che comunque conserva confortevoli oasi melodiche. Da tutto questo discorso sembra quasi che un disco dei Verdena mi dia serenità, più che inquietudine. Ma, come detto, mi darebbe serenità anche sapere che esiste ancora qualcuno che li detesta con tutto sé stesso come il male assoluto, come ai bei tempi quando c’erano quelli che li amavano e quelli che li odiavano (mai nessuno neutro), e io stavo con quelli che li amavano. E poi abbiamo vinto, purtroppo!
lo ammetto. ci ho provato.
ma proprio non mi piacciono sti Verdena.
e non parliamo di quando li abbiamo visti di spalla a Neil Young, tra le gradinate bollenti e il caldo, gli volevo sparare.
e poi c’ho quasi 40anni, la formula della rabbia non fa più per me
love you, plinio
daria viva te che sei rimasta all’opposizione