L’Irpinia, in realtà, pochi sanno dove sia. Quasi quasi non ve lo dico e me lo tengo come un segreto.
Ad Aquilonia è successo che una ventina di ragazzi hanno dato vita ad un festival culturale e paesologico, all’ombra di una quercia centenaria, preferibilmente rivolto alla comunità locale ma che ha raccolto presenze da un po’ tutta Italia: CarbonAria. “Carbonara” era l’antico nome del paese, “Aria” è, oltre la terra, l’altra vera ricchezza del luogo, sfruttata da onnipresenti pale eoliche, agopuntura nella terracarne irpina.
Terracarne è appunto l’immagine che dà il titolo al recente libro di Franco Arminio sulle intime sofferenze dei paesi del sud. Terramossa è invece il film con cui egli offre, con suggestioni tra paesaggi e dettagli, una sua “guida sentimentale” ai luoghi vissuti quotidianamente. Arminio, scrittore alle cui narrazioni mi sono appassionato da quando ho letto il bellissimo “Cartoline dai morti”, ha guidato una trentina di avventurieri (tra cui me) in cinque giorni di scuola di paesologia, di alta intensità, soprattutto nei luoghi che soffrono il vuoto e lo svuotamento, l’emigrazione, la resa: quelli che Arminio chiama i “paesi della bandiera bianca”, anche perchè non vantano riconoscimenti come bandiere arancioni o blu per particolari bellezze, primati o curiosità.
E allora per cinque giorni la mia Panda bianca ha scorrazzato per le campagne irpine, Bisaccia – Aquilonia e a seguire parte dell’Irpinia d’oriente: Monteverde, Conza, Andretta, Calitri. Le colonne sonore più adatte in autoradio sono state dEUS, Vic Chesnutt, Motorpsycho: la terracarne è poco permeabile al pop da classifica. Ad ogni curva si svelava un nuovo spettacolo e colori assolutamente inediti. Il regista Paolo Muran (che per cinque giorni ha scorrazzato in bici, altro che Panda bianca) pensava ad esempio all’abilità del cinema americano di “vendere” a tutto il mondo i propri paesaggi (dai western in poi), mentre in Irpinia scenari stupendi restano praticamente sconosciuti, pur costituendo una ricchezza ed un potenziale enorme. Nei momenti di paesologia più evocativi, il canto di Caterina Pontrandolfo restituiva incredibilmente il respiro a luoghi che non vivono più forse neanche nel ricordo.
Non solo Irpinia: ad esempio Musica da Cucina, con le sue canzoni “cucinate” con articoli casalinghi e chitarre rarefatte, ha portato il pubblico nelle sue Dolomiti, tra neve, dita congelate, solitudini, paesi dove il sole per due mesi all’anno non c’è. Il poeta orale Roberto Linzalone, tra satira ed acrobazie linguistiche ha raccontato la sua Lucania; dopo ogni suo intervento improvvisava sorprendenti poesie “a tema”, in altri generi si dice freestyle, avercene di style così.
Poi si è riaperta la crepa, la ferita: i racconti di Arminio sulle proteste della popolazione, pochi anni fa, contro la costruzione della discarica sull’altopiano del Formicoso, mi hanno riportato a mille km a nord, nella “mia” valle di Susa: molte sono le analogie con la brutta e annosa vicenda dell’alta velocità Torino – Lione. Il film “La terra dei lupi” di Fabio Luongo descrive alcuni volti di questa protesta, come il vulcanico pizzaiolo Rocco… passate a mangiare da lui ad Andretta, lo show è omaggio, anche questa è paesologia.
C’è stato tanto altro in Carbonaria 2012. Dico Carbonaria 2012 perchè spero ci sia una Carbonaria 2013, è stato un evento prezioso. Per ora rimangono questi “saluti dall’Irpinia”, già troppo lunghi da star dentro ad una cartolina, che come illustrazione mi piacerebbe avesse quella (in alto) disegnata dall’artista napoletana Mary Cinque, le cui impressioni paesologiche di questi giorni sono state spedite a indirizzi in tutto il mondo. Per una volta, cartoline dai vivi. Io sarò vivo ancora qualche giorno e poi tornerò a Torino… dunque amici, mi farò vivo quando non lo sarò più!
Suona interessante, la parte sulle Dolomiti m’incuriosisce. Però confesso che avevo una vaga idea di dove fosse l’Irpinia, e Google mi ha dato una mano.
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