Il mio consiglio librario di oggi è figlio del seguente pensiero: “Torino è considerata mediamente interessante ma nessuno se la caga davvero, dunque le rare volte che leggo qualcosa che la descriva in maniera abbastanza precisa mi sento un po’ protagonista anch’io”. È appunto il caso di “Balordi” di Michele Andreis (ed. Effequ) che è godibilissimo da chiunque ma soprattutto chi conosce questa città può pienamente apprezzare l’abilità dell’autore nel disegnarne i personaggi.
Un centinaio di pagine sono sufficienti per immortalare il giovedì qualunque di un tipico “balordo” del giro degli ultrà. Al bar beve caffè, Ceres e gioca alle macchinette. Ai giardinetti si fa le canne con gli amici organizzando rapine in farmacia e roghi nei campi rom. A casa di sua madre mangia, dorme e prende soldi per birre, macchinette e fumo appunto. Le speranze di riscatto sono vaghe, i nemici percepiti come reali sono gli sbirri, gli zingari, i negri. La cornice è il freddo eterno ed incolore della periferia torinese.
Ciò che dà forza a questo quadretto di miserie è la narrazione, che avviene unicamente attraverso i dialoghi tra i personaggi; non esiste alcun intervento dell’autore. Ogni battuta è estremamente verosimile: le bestemmie, i “minchia” come intercalare, i tipici errori grammaticali e persino un intervento in piemontese di un avventore del bar, sono in tutto e per tutto aderenti alla realtà. Non si stanno raccontando gioventù disagiate con linguaggi fac-simile, è tutto veramente vero.
Ognuno si immagini la sua periferia di riferimento, con relativo bar balordo di riferimento e giardinetti balordi di riferimento, questa storia senza morale e senza eroi calza a pennello.