Suppongo che ogni pittore un giorno abbia disegnato quello che considera il suo “autoritratto”. Quello di Joe Brainard è scritto a parole. È un pittore e artista americano di cui non conosco nulla e sicuramente si sarà anche autodisegnato qualche volta, ma questo vale come autoritratto, autobiografia, autoanalisi, testamento eccetera direi.
Oggi era una bella domenica di sole che ho passato in casa, combinazione sono uscite due pagine sul giornale su questo libro e combinazione l’editrice Lindau ne parlava su twitter tutta la mattina e combinazione siamo tutti rimasti innamorati dello stesso aforisma:
Il modo più elegante di lasciare un posto è “scomparire”.
Chissà perché proprio questo, di aforismi fulminanti il libro è pieno, comunque me lo sono letto tutto intero (non che io consideri un valore leggere un libro tutto d’un fiato, mi piace quando dicono la frase “te lo leggi in un pomeriggio!” come se la scorrevolezza di un libro fosse un aiutino per sbrigare una pratica gravosa, la lettura!)
La cronaca delle insicurezze di Joe Brainard inizia in una notte di Natale del 1961 quando aveva 19 anni, d’ora in poi questo giovane Holden di indole meno scostante inizia a tenere note e schizzi scostanti di osservazioni, dettagli, incertezze, innamoramenti, fallimenti. Viaggi in treno, vacanze a prendere il sole, dialoghi col tabaccaio, fumetti e volantini per reading, vita quotidiana sempre solo di sé stesso, e ora mi scapperà una parola bruttissima: egoritratto.
Si definisce un ottimista, è contento di far contenti gli altri, ma non vorrebbe certo essere costretto a dialogare con qualcuno in un viaggio in pullman, per esempio. Joe un po’ si perde, un po’ si mette in discussione, va in cerca dell’ispirazione e quando non arriva, né con la penna né col pennello, il risultato non è meno interessante.
Per il resto, tipico segno dei pesci 🙂
Autoritratto è un diario di quelli che ti fanno venir voglia di tenere un diario, un diario vero, come una volta, nudo, per te e nessun altro, pensieri confusi, confessioni, tentativi e buone intenzioni, idee geniali di un attimo che l’attimo dopo sembrano così idiote. Certo il mio diario sarebbe molto meno appassionante, considererò “Autoritratto” una specie di diario onorario, io se non fossi proprio io.