Psicologico, sfibrante, imprevedibile, erotico, crudele, il tennis è lo sport perfetto.
Non aveva tutti i torti Mike Agassi, padre psicopatico di Andre, a paragonare il tennis alla boxe. L’unica vera differenza mi pare sia la rete in mezzo, e poco importa se invece dei guantoni si usano le racchette, sempre di tirare sberle si tratta. “Fagli venire le vesciche al cervello!” urlava Mike a suo figlio, quando affrontava i primi avversari. Il tennis è uno sport drammatico.
Non racconterò questa autobiografia di Andre Agassi, seppur appassionante; andatevi a cercare la recensione di Baricco che ne ha fatto un best seller in Italia. Ma queste quattrocento pagine mi hanno rinfrescato un bel periodo di vita, in cui avevo iniziato a seguire (molto) e giocare (male) il tennis. Coi compagni del liceo occupavamo i campi della Sisport finchè non venivamo cacciati perchè non avevamo la tessera. Di domenica scavalcavamo. Era il pieno periodo della rivalità tra Agassi e Pete Sampras, giocatore perfetto dello sport perfetto. C’era poi il bizzoso Ivanisevic, il trottolino Chang, il pallettaro Muster, il terribile Kafelnikov, e mille altri. Gli italiani erano ridotti al ruolo di comparse, contro i campioni diventavano praticamente dei raccattapalle.
Fosse esistito l’album di figurine Panini per il tennis l’avrei fatto. Anche per quanto riguarda le ragazze, ovviamente, un tennis meno potente e più giocato, e loro belle del loro portamento da atlete, che chissà cosa si dicono mentre parlano fra sé e sé pacioccando l’accordatura della racchetta, chissà come fanno a far sparire quelle palline fra i drappeggi del gonnellino che si alza ad ogni folata di vento, chissà se gli vengono apposta quei gemiti quando colpiscono dritti e rovesci con i capelli legati che svolazzano di qua e di là. Agassi è sposato con Steffi Graf, tra l’altro.
Comunque l’idea di fondo (vincente) del libro è che Andre, in realtà, odiava il tennis. Eppure io amo questo campione che odia lo sport che amo. L’ho detto, il tennis è uno sport drammatico.
mannaggia, Open è uno dei 1530 libri che in questo periodo sto leggendo alla rinfusa senza molta attenzione e il più delle volte confondendomi le vicende.
tipo che sono quasi alla fine de “La valle della paura” di Conan Doyle e non è male tutta quella storia sulla massoneria, sto per scoprire il colpevole ma c’è un problema: non mi ricordo più chi è morto.
sbrigati a leggere agassi se no perdi l’hype, io ci sono entrato per un pelo, se aspetti un po’ sei out! forse stai anticipando l’hype di conan doyle?
dovresti ormai saperlo che io sono sempre Out, è quello che mi rende In
io sto aspettando da un bel po’ di tempo diminuiscano il prezzo
o lo pubblichino in formato Kindle in italiano…
Anche io giocavo (male) a tennis in quel periodo là.
Quello dei Sampras dei Becker dei Kafelnikov
e aggiungerei dei Marcelo Rios e del mio preferito, quello che stava terminando di giocare in quegli anni,
Stefan Edberg.
(D’altronde Mister Wallace ci ha scritto sul tennis una specie di filosofia o vattelapesca cosa sia, come avrebbe detto Holden Caulfield)
Holden Caulfield, tra gli insuperabili, tra i miei preferiti.
stefan edberg, tra gli insuperabili, tra i miei preferiti. col suo serve’n’volley ci si divertiva sempre. il libro di wallace è effettivamente in cima alla lista di quelli da leggere. poi per completare la bibliografia tennistica ci metterei sicuramente “tenniste”
ragazzi, questo post avrei voluto scriverlo io per quanto m’è piaciuto questo libro. Ho capito che mi sarebbe piaciuto così tanto mentre leggevo il primo capitolo, da pelle d’oca. Qualche alto e basso qua e là, ma che spettacolo di libro. Poi non so voi, ma io ogni volta che leggevo di un incontro andavo a vederlo su youtube, e questo è il mio preferito:
dopo mesi di allenamenti in vista di questo match, dopo ogni tipo di presa in giro e di sfottò dentro e fuori dal campo, vince contro Becker e gli stringe la mano senza neanche guardarlo in faccia, pensando già alla finale. Spettacolo.
sei un pro. ora visto anch’io e credo me ne guarderò altri. e cmq becker mi era sempre stato un po’ sul cazz